Amazzoni
da MisteryMail
Un recente articolo della rivista Science ha attirato l'attenzione della
comunità scientifca internazionale. Una ricercatrice dell'Università
dell'Illinois sosterrebbe l'esistenza di una civiltà sconosciuta. Secondo
Anna Roosevelt, antropologa statunitense dell'Università di Chicago, durante
la preistoria, nell'attuale territorio del Brasile, si sviluppò un popolo di
cui, al momento, non si conosce praticamente nulla. Esattamente 11.000 anni
fa, alla fine dell'ultima Era glaciale, un insieme organizzato di
cacciatori-raccoglitori avrebbe abitato il cuore dell'Amazzonia. Tali
conclusioni si baserebbero sul ritrovamento di utensili e resti di cibo e
sullo studio delle pareti della Caverna del Pedra Pintada. Quest'ultima,
immersa nella frondosa vegetazione dell'Amazzonia, avrebbe rivelato graffiti
straordinari, raffiguranti esseri umani, forme geometriche e addirittura
simboli astronomici. Second o la Roosevelt il tutto lascerebbe intendere
l'esistenza di un popolo organizzato, civile, in grado di abbellire e
rendere confortevole la propria dimora. Torna
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Scritto prima dei
Sumeri
da MisteryMail
Una civiltà europea conosceva la scrittura alfabetica prima che la
inventassero i Sumeri ? Di fronte ai reperti raccolti a Glozel, risalenti al
17.000 - 15.000 a.C., sui quali si distinguono chiaramente simboli
alfabetiformi, viene da pensare che i nostri antenati possedessero almeno un
rudimento di scrittura. Da circa venti anni il biologo svizzero Hans R. Hitz
concentra i suoi sforzisui tremila reperti preistorici collezionati a Glozel,
cittadina della Francia centrale. Un quotidiano lavoro di confronto con
altri antichi alfabeti ha condotto lo studioso ad affermare che si tratta di
iscrizioni celtiche. Secondo la catalogazione di Hitz attualmente sarebbero
noti 70 pittogrammi, 26 lettere e 40 logotipi. Ma quale relazione esiste fra
questi segni ? Non corriamo forse il rischio di voler attribuire un
significato a degli scarabocchi ? Secondo altra corrente di studiosi,
capeggiata dal professore di informatica Arthur Isserlin, i segni sarebbe
casuali: l'elaboratore delle varie sequenze avrebbe infatti rivelato che
quanto impresso sulle tavolette non ha alcun significato. Contrastante è
ovviamente l'opinione di Hitz che afferma invece di aver già individuato le
parole "Tulsiec" e "Tulsiau", Studi e ricerche continuano verso un unico
fine: svelare cosa i nostri avi glozeliani fissarono sull'argilla
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Antichi sposi
egiziani
di Roberto Ranuci
Un'equipe di archeologi tedeschi ha recentemente coronato un lungo periodo
di scavi sul Delta del Nilo con il ritrovamento di un reperto di valore
inestimabile. I lavori della troupe, eseguiti nel sito di Tell Basta, nei
pressi della cittadina di Zagazig, distante circa 90 km a nord del Cairo,
hanno portato alla luce un antichissimo busto di granito, alto circa 3,5
metri, pesante oltre 10 tonnellate. Il ritrovamento non desterebbe
intrinsecamente meraviglia se non fosse che la persona ritratta occupava un
ruolo di assoluto prestigio nella civiltà egizia. Si tratterebbe, secondo
alcune rilevazioni compiute sul reperto dagli addetti ai lavori, della
regina Nefertari(1301-1235 a.C.), moglie del faraone Ramses II, alla quale,
insieme alla dea Hathor, era dedicato il tempio minore egiziano di Abu
Simbel. Non è tuttavia escluso che si tratti della figlia del faraone, Merit
Amon. A suffragare la prima ipotesi sarebbe il ritrovamento, nei pressi del
sito archeologico, di una scultura proprio del faraone Ramses II.
Quest'ultimo, appartenente alla XIX dinastia, visse fra il 1290 e il 1234
a.C. e sulle orme del padre Seti I, si distinse per una politica di
espansione del regno. Il busto ritrovato, dipinto di rosso sbiadito, ritrae
il viso della donna protetto dalle ali delle divinità Nekhbet e Mat.
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La seconda barca
solare del Dio Amon e l’operaio Benadir
di xdonnax
Quanti misteri sono ancora celati nelle viscere delle piramidi? Tantissimi,
non c'è ombra di dubbio, benché siano almeno un paio di secoli che torme di
avventurieri, ladri, scienziati e studiosi in genere frugano nei cunicoli,
nei corridoi e nelle camere reali delle più famose di queste costruzioni, si
è ben lontani dall'aver messo in luce atto ciò che esse nascondono. I
misteri che le piramidi custodiscono sono di natura scientifica, riguardano
la cultura, la vita, gli aspetti religiosi dell'antica società egiziana, ma
non solo. All'interno di queste stupefacenti costruzioni ci sono anche
misteri più complessi, che sfuggono a una formale determinazione, misteri
che forse sono irrisolvibili. D'altra parte non è pensabile che cinquemila
anni fa gli uomini possedessero una conoscenza scientifica superiore
all’attuale: chi infatti lascia credere ciò si lancia in voli fantastici, a
voler essere benevoli, quando invece non mente sapendo di mentire. Diverso è
il caso per tutti gli aspetti magici, occulti, esoterici: non si può certo
dire che oggi ne sappiamo più di allora, anzi forse è il contrario. Oggi è
fortissima la spinta alla razionalità, forse anche esagerata, tale comunque
da mettere in secondo piano ogni fenomeno paranormale o addirittura di
negarlo. Si fa questa premessa in relazione alla notizia del ritrovamento
della seconda barca solare nella piramide del faraone Cheope, vissuto
all'incirca alla metà del terzo millennio avanti Cristo. Si tratta di una
notizia scientifica, così come del medesimo sapore sono stati alcuni
esprimenti effettuati, quali per esempio quello di analizzare l'aria
contenuta nella camera sigillata. La barca solare sembra che dovesse servire
per trasportare le spoglie del defunto faraone dal luogo della morte alla
piramide, ma non se ne è proprio sicuri. D'altra parte si può affermare che
è chiaro il significato religioso che poteva avere nella cerimonia. Comunque
non è della barca in sé e del suo ritrovamento che si vuole parlare, ma solo
ricordare che si è trattato di un'operazione complessa ai cui margini si è
verificato invece un fatto che interessa senz'altro quanti sono appassionati
di occultismo e di magia in genere, un fatto pieno di suggestione e di
mistero. Circa cinquant'anni fa, esattamente tra il 1952 e il '54, venne
trovata e portata alla luce una prima barca solare, che oggi è stata
perfettamente restaurata ed è visibile nel museo allestito nei pressi della
piramide stessa. All'operazione di scavo e poi di recupero delle parti
partecipò anche un certo Benadir M.,operaio. Questo individuo molto semplice,
di scarsa se non di nessuna istruzione, aveva allora una trentina d'anni.
Una ventina d'anni dopo Benadir, che nel frattempo era rimasto vedovo e
viveva solo essendo i figli andati chi da una parte chi dall'altra, cominciò
a dar segni di comportamento stravagante se non folle. La classica goccia
che fa traboccare il vaso e che costrinse a ricoverarlo d'autorità accadde
una notte. Benadir venne trovato accoccolato accanto alla piramide mentre
scavava a mani nude nella sabbia, un riso folle che gli illuminava la faccia
magra. A chi gli chiese cosa stava facedo rispose che gli era apparso in
sogno, circonfuso da un bagliore celeste, il dio Amon. II dio, spiegò
Benadir, gli aveva detto che la sua barca sacra si trovava ancora sepolta
dentro la grande piramide e che colui che l'avesse riportata alla luce
avrebbe avuto in dono immense ricchezze, grande prosperità e felicità fino
alla settima generazione. Il buon Benadir finì i suoi giorni nell'istituto
per alienati. Ma ciò che ha impressionato è che la nuova barca (poi
ritrovata) si trovava esattamente sprofondata nel luogo dove l'operaio era
stato sorpreso scavare anni prima, dopo aver ricevuto in sogno, a suo dire,
la visione del dio Amon. Come spiegare una simile coincidenza? Torna
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Il papiro segreto
di Roberto Rannuci
Scavi effettuati presso Gerico fra il 1947 e il 1956 hanno portato alla luce
circa 15 mila rotoli di papiro su cui sono inscritti testi apocrifi
dell'Antico Testamento. Tali rotoli, secondo analisi successivamente
condotte, risultano essere opera degli Esseni, comunità di monaci vissuta
sulla sponda nord-occidentale del Mar Morto fra il III secolo a. C. e il I
secolo d. C. Ovviamente non a tutti gli studiosi interessati è stata
possibile la consultazione. La negazione, imposta da chi ancora conserva i
preziosi documenti, suggerì l'esistenza di un segreto, di una verità
non-divulgabile ai popoli che potesse magari stravolgere l'attuale
interpretazione delle sacre scritture. Su questo tema è tornata niente di
meno che l'Università di Oxford: il professor Geza Vermes, studioso di fama
mondiale, specialista in aramaico e greco, ha affermato che un papiro dei
rotoli di Qumran conterrebbe un particolare assolutamente degno di nota: un
testo tratterebbe della nascita di Cristo come avvenuta "da una giovane
donna", senza accennare alla sua verginità. Lo stesso Vermes ha avanzato
l'ipotesi che la versione greca del Nuovo Testamento che parla di "vergine",
possa aver riportato un errore di trascrizione. Tale affermazione non
vorrebbe necessariamente negare la verginità di Maria ma connoterebbe la
nascita di Gesù come un normale evento ponendo in discussione l'episodio e
il significato dell'ascesa dello Spirito Santo. Sappiamo che la comunità
essenica, formatasi sotto la guida del "Maestro di giustizia", si rifugiò
nel deserto per sfuggire ai fasti di Gerusalemme e terminò nel 68 d.c, con
la conquista della regione da parte delle legioni di Vespasiano.
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Il mistero di
Orione
di Emilio Mariani
Perchè gli Egiziani hanno costruito le piramidi ? Come hanno fatto a
raggiungere valori così alti nel campo dell'architettura e dell'ingegneria ?
Quando sono state costruite esattamente le piramidi ? Per molti anni le
piramidi sono state esclusivamente considerate delle grandiose tombe per
commemorare il faraone morto e costruite da migliaia di schiavi. Robert
Bauval, dopo una lunghissima ricerca, ha gettato una nuova ed intrigante
luce sui vari quesiti che circondano le piramidi. Robert, studiando
attentamente la posizione delle tre più famose piramidi situate
sull'altopiano di Giza ha scoperto che questa era una fin troppa evidente
riproduzione della posizione delle stelle che formano la Cintura della
Costellazione di Orione. Inoltre ha posto in evidenza la teoria che i
condotti che partono dalla Camera del Re della Grande Piramide, non sono
come si era presupposto semplici condotti utilizzati per l'areazione della
camera mortuaria, ma visto che puntavano direttamente verso la Costellazione
di Orione, la diretta via in cui apparentemente veniva proiettata l'anima
del faraone deceduto, fuori, verso la costellazione stessa. Inoltre il
mistero dei condotti si infittisce in quanto, in uno dei condotti è stata
mandata una piccola cinepresa robotica ed è stata fatta una strabiliante
scoperta : una porta segreta ancora chiusa nel profondo della struttura
della piramide blocca il passaggio del cunicolo. Si pensa che questa nuova
ed imminente scoperta porterà ad un cambiamento radicale nella nostra
percezione su questa antica civiltà. Osservando la veduta area della
necropoli memfita di Giza, situata a sud-ovest del Cairo, possiamo
facilmente notare come sono allineate le tre piramidi. A prima vista queste
sembrano non essere allineate perfettamente ( l'egittologia classica
conferma che questo può portare a pensare ad un errore di calcolo oppure
dovuto alla diversa conformazione del terreno ) ma, se la confrontiamo con
l'immagine delle stelle che formano la Cintura di Orione le cose cominciano
a diventare chiare. Difficilmente è impossibile pensare ad un errore : le
piramidi sono allineate esattamente alle stelle della cintura di Orione.
Robert è stato il primo a notare che l'allineamento delle piramidi di Giza
era rispecchiato precisamente dalle stelle della Costellazione di Orione.
Robert ha chiamato questo fatto "Teoria della Correlazione" che è la spina
dorsale della sua interessantissima ricerca. L'Astronomia è fondamentale
alla Teoria della Correlazione di Bauval. In un ciclo di circa 26.000 anni
la terra oscilla leggermente sul suo asse e questo produce ad un cambio
apparente della posizione delle stelle. Questo fenomeno è noto come
Precessione (le stelle, ad ogni mezzo ciclo, si troveranno ad una
declinazione più bassa o più alta). Quando la terra oscilla, la Stella
Polare, che segna approssimativamente il Polo Celeste, cambia. Attualmente è
Polaris che marca il Polo Celeste ma al tempo delle Piramidi era marcato da
Thuban nella costellazione del Drago. Nel 12.000 d.C. sarà Vega, nella
costellazione della Lira che marcherà il Polo. Un altro cambiamento della
posizione delle stelle è dovuto dall'espansione dell'universo. Le stelle non
sono stazionarie nello spazio; hanno quello che è chiamato Moto Proprio :
alcune stelle si muovono verso la terra mentre altre si allontanano ( è
stato osservato che le stelle della cintura di Orione tendono a muoversi
insieme attraverso lo spazio ). Le stelle che si trovano ad una grande
distanza dalla terra sembrano muoversi più lentamente rispetto alle altre :
questo è il caso di quelle di Orione che è distante circa 1.400 anni luce.
Come abbiamo detto, è molto importante farsi una precisa idea di come era il
cielo al tempo delle Piramidi : oggi grazie anche a sofisticati software è
possibile studiare il cielo di molti secoli fa e questo ha aiutato
moltissimo Robert alla verifica ed alla costruzione della sua interessante
teoria. Torna su |
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I segreti della
Sfinge
di Roberto Rannuci
A volte notizie e scoperte recenti non fanno che ripercorrere teorie e
ipotesi vecchie e apparentemente dimenticate. Sennonché , regola che non
sbaglia, c'è sempre qualcuno che scopre i bari. Non ricordo più dove ho
letto, ultimamente, che il rapporto piramide di Cheope-Cintura di Orione
fosse stato già ipotizzato nel secolo scorso da Churchward nei suoi libri
sul continente Mu, l'analogo nell'Oceano Pacifico di Atlantide. Dunque Buval
non avrebbe scoperto assolutamente nulla di nuovo. Non ho purtroppo questo
libro sotto mano e non posso essere al momento più preciso. Un'altra notizia,
però, mi ha colpito, e cioè la presunta presenza di una camera sotterranea
nei pressi della Sfinge e il riferimento a un libro che ne portava notizia
molti anni or sono. Il libro è ” Platone e l'Atlantide”, di Gennaro D’Amato,
edito nei primi anni del ‘30 ... e qui posso essere più preciso perché ho la
fortuna di essere in possesso di questa opera. Riporto integralmente la nota
a pagina 10 “… Il 30 gennaio 1929, il prof. Reisner, docente di Egittologia
all’Università di Harvard, comunicò alle sue autorità di Harvard e di
Boston, di avere trovato la tomba di Menesse ( Ermete Trismegisto? Ndr) nel
empio del Sole, sottoposto alla colossale Sfinge di Gizeh. Numerose gallerie
scavate nell’interno della statua conducono a caverne ancora da esplorare.
Nella testa della Sfinge vi è una sala di 18 metri di lunghezza per 5 di
larghezza, unita con corridoi al Tempio del Sole, che è più antico della più
antica piramide di Gizeh, poiché data da circa sei mila anni a.C. cioè
dall’epoca più remota della storia d’Egitto conosciuta”. Non ho notizia di
altri studiosi che parlino di questo fatto che, se fosse vero, darebbe fiato
e corpo a teorie che finora avremmo definito visionarie. Bisognerebbe
infatti capire chi e per quale motivo avesse interesse a mantenere sotto un
velo di silenzio notizie così importanti. Torna
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Tartesso
Una civiltà misteriosa dell'Occidente.Con questo nome i Greci chiamavano
l'estremo Occidente, dal quale provenivano i metalli. In un secondo tempo il
nome fu localizzato nel Sud della Spagna (Andalusia), regione che tra
l'altro nella Bibbia è ricordata con il nome Tarsis, e con la quale
addirittura Salomone avrebbe tenuto relazioni commerciali. E' certo che i
Fenici ebbero il dominio del Mediterraneo nell'VIII secolo a.C. in seguito a
lotte vittoriose contro i Tartessi. Questi riuscirono ancora per breve
tempo, durante le lotte tra Tiro e l'Assiria, ed avere un certo predominio.
Ma, ricostituito l'impero coloniale fenicio, Tartesso fu sottomessa a questo
fino al VI secolo a.C., quando nel panorama mediterraneo subentrò la
talassocrazia focea.A questa successe poi il predominio di Cartagine, che
distrusse Tartesso intorno al 500 a.C. Sembra che l'antica civiltà di
Tartesso sin dai tempi preistorici fosse particolarmente evoluta: tutte le
fonti concordano su questo punto. Gli scavi effettuati da Schulten e Bousar,
pur rivelando notevoli tracce di quella civiltà, non arrivarono a scoprire i
resti della grande città tartessa descritta dal Periplo di Avieno, vale a
dire Ona Maritima, localizzata in un punto non ben precisato, vicino al
delta del Guadalquivir. Torna
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Vennero dal nulla
La
civilta' dei Sumeri nacque cinquemila anni fa nel sud del territtorio
attualmente coincidente con l'Iraq. Grazie allo interessamento di archeologi
e studiosi, in base agli scavi intrapresi dal secolo scorso, i Sumeri sono
fra i popoli piu' conosciuti del vicino Oriente : i massimi musei d'Europa
conservano una copiosa documentazione sulla cultura sumerica grazie a ogni
genere di reperto . I n base a tali ritrovamenti archeologici, la
protostoria della popolazione e' stata ricostruita in tre periodi successivi:
il primo di Uruk, intorno al 3000 a.C., il secondo di Gemdet-Nasr, verso il
2800-2700 a.C., il terzo di Mesilim, intorno al 2600 a.C. Attorno ai due
stati piu' importanti, Uruk e Kish, si sviluppo' una floridissima economia
basata su un'agricoltura intensiva, sulla pesca, sull'allevamento e sullo
artigianato. I Sumeri sono noti per aver inventato la scrittura, formulato i
primi codici di leggi, sviluppato le prime trattazioni filosofiche, fondato
le prime citta'-stato, implementato la farmacia e la chirurgia, ideato il
sistema matematico sessagesimale, creato un sistema di stampa su rotative,
praticato la fusione dei metalli. Senza contare l'invenzione della ruota,
l'arte culinaria, la tessitura delle stoffe, l'insegnamento della botanica e
della zoologia, della geografia e della teologia oltre a un diffuso
sentimento artistico della popolazione. Ma veniamo al punto: quali misteri
nasconde questo straordinario popolo ? Sappiamo che i Sumeri immigrarono
nella Mesopotamia e che svilupparono la prima grande civilta' urbana ma,
udite udite, non conosciamo la loro origine etnica ne' la loro provenienza,
ne' la via che essi seguirono prima di insediarsi nel territorio che li
ospito'. Zecharia Sitchin, noto sumerologo ed esperto di lingue semitiche,
sostiene che gli antichi egizi ereditarono il loro sapere dai Sumeri. Ora,
fermo restando il livello super-avanzato della cultura sumerica nonche'
l'impossibilita' di stabilire un legame fra tale civilta' e altre
popolazioni semitiche, la nostra domanda e' questa: "Da dove si origino'
tale splendore ?". Se ci sono voluti due milioni di anni perche' l'uomo
primitivo capisse di dover modellare le pietre a secondo dell'uso che doveva
farne, come fu possibile passare in cosi' poco tempo dall'Uomo di
Neanderthal alla civilta' sumerica ? Lo studioso A.Parrot, a proposito dello
sviluppo sumerico, disse: "una fiamma che divampo' dal nulla provvisamente".
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Ipotesi sulla
misteriosa scomparsa di alcune civiltà
Chi sta scrivendo segue da sempre, lo sviluppo dell’archeologica e i misteri
che questa disciplina racchiude, e vuole fare delle ipotesi in merito.
Ipotesi che non hanno la pretesa di essere fedeli alla realtà di un mistero
così profondo, ma solo ipotesi di una persona che ama la ricerca e perché
no, la filosofia come pensiero di vita alla portata di tutti, prodotta solo
dal bagaglio di conoscenze e letture. Qui si vuole con molta umiltà solo
provare a concretare i pensieri e le idee di cui molti vanno teorizzando.
Tutto iniziò tanti anni fa, quando cominciai spinta da un caro amico a
leggere fantascienza. Allora la fantascienza “era fanta-scienza” anche se a
volte prendeva spunto da reali conoscenze scientifiche. La realtà di oggi ha
superato la fantasia di quegli scrittori. Assetata di conoscenze reali, e
non solo di quelle letture fantasiose, approdai agli scritti di Peter
Kolosimo. E mi si aprì un mondo del tutto nuovo e sconcertante. Peter
Kolosimo non è stato uno scrittore di fantascienza, ma un archeologo che
operando in ogni parte del mondo, andava cercando reperti tralasciati
dall’archeologia tradizionale perché inspiegabili. Nei suoi libri riportava
la testimonianza di quegli strani ritrovamenti. Non ha mai fatto ipotesi
coercitive, ma da buon cronista metteva alla portata dei profani, prove e
parallelismi tra le civiltà disseminate sul globo di cui restano antiche e
“impossibili” vestigia, affinchè ognuno potesse farsi la sua opinione in
merito o almeno porsi dei perché. A molti anni dalla sua scomparsa possiamo
definirlo un precursore se non addirittura il fondatore di quella disciplina,
e oggi finalmente di fronte alle tante testimonianze “impossibili”
disseminate sul nostro pianeta, forti di nuove tecnologie e di un’apertura
mentale nuova, alcuni archeologi moderni dando finalmente credito a quelle
che finora erano definite solo leggende e cercando di decifrare il codice
astronomico- matematico racchiuso nelle grandi antiche costruzioni, cercano
di svelare il mistero che li circonda. I monumenti più misteriosi, le rovine
di antiche città, reperti impossibili trovati inglobati in rocce datate
molto prima della nostra preistoria, e finora ignorate, sembrano indicarci
una data lontana e ormai dimenticata nel tempo: 12.000 anni fa. Tutte le
datazioni astronomiche riferite ai siti più evidenti ed ancora esistenti,
sia originali come le piramidi nella piana di Giza ad altri più tardi, ma
ricostruiti esattamente uguali, e sopra a siti preesistenti ci riportano a
quella data. Chi più di 12.000 anni fa costruì quei monumenti a dir poco
particolari e si prese la briga di lasciare un segno così incisivo sulla
faccia del nostro pianeta? E perché? Non si può pensare che quei reperti
siano solo la testimonianza di una religione collegata a divinità
cosmogoniche e astrologiche o alla ricerca di una vagheggiata immortalità.
Sarebbe sminuire l’intelligenza degli antichi costruttori. Basta soltanto
comparare tra loro i miti comuni a tutti i popoli per comprendere che
un’origine comune ci lega e ancor di più lega quei miti alle costruzioni
misteriose. La grande piramide del Sole Azteca in Messico, pur essendo alta
la metà, ha le stesse misure della piramide di Cheope, ed anche le grandi
pietre squadrate ritrovate sotto il mare a Yonaguni in Giappone ad
un’attenta misurazione sembra che riportino le stesse dimensioni. Sthoneghe,
il grande palazzo di Angokor Wat, e il sito di Nan Madol sull’Oceano
Pacifico costituito di 100 isole di basalto e ormai coperte di corallo, con
resti di templi la cui funzione è ancora ignota. La misteriosa isola di
Pasqua con le sue centinaia di statue erette verso il mare, e i giganteschi
disegni sulla piana di Nazca in Perù. Resti di piramidi nelle isole Canarie
e altre ciclopiche costruzioni a cosa servivano? Come sono state costruite?
Alcuni siti risalgono alla nostra epoca, ma sono stati ricostruiti su siti
preesistenti e molto più antichi. Perché? I reperti disseminati in tutto il
mondo ad un più nuovo e attento esame si rivelano forieri di conoscienze
scientifico-matematiche e astronomiche che è impossibile attribuire alle
civiltà che fanno parte della nostra storia ufficiale. Architetture che ci
narrano di conoscenze che in parte, solo da poche decine d’anni, abbiamo
fatto nostre. A tutt’oggi manca una spiegazione. Solo una cosa sappiamo per
certo che anche con le più moderne attrezzature sarebbe impossiblile
posizionare massi di quella grandezza e con allineamenti astronomici così
perfetti. I calendari che ci vengono da antichi popoli sono scientificamente
attendibili e arrivano ad una predizione di posizioni astronomiche così
lontane nel tempo, che non sarebbe bastato l’arco di molte vite per poterle
osservare, tenendo conto che si parla di meccanismi celesti che hanno
scadenza plurimillenaria come la precessione. E allora, come spiegarsi tutto
questo? Basterebbe accettare l’idea di un’antica civiltà che avesse
raggiunto vette evolutive diverse dalle nostre. Una antica teoria
generalmente rifiutata dalla scienza ufficiale, a poco a poco si sta facendo
strada tra i moderni scienziati e ridimensiona la nostra presunzione di
essere stati i primi essere civili di questo pianeta. E così, torniamo a
parlare di una o più antiche civiltà scomparse ma radicate nel nostro
inconscio collettivo. Una civiltà che ci ha preceduti, scomparsa in seguito
al biblico Diluvio Universale, riportato in tutti i racconti mitologici di
tutti i popoli del mondo, confermato da studi sui sedimenti e sulla
idrogeologia del pianeta. Dunque, il diluvio c’è veramente stato, e sembra
aver cancellato in un solo colpo l’antica civiltà e l’antica geografia. La
Bibbia stessa ci narra che tutta l’umanità fu distrutta. Allora un’umanità
già esisteva, ed era davvero solo dedita alla pastorizia e all’allevamento
come ancora vogliamo credere? Con i mezzi tecnologici di cui disponiamo
stiamo scoprendo sul fondo del mare intorno ai grandi continenti, città
sommerse; non villaggi o piccoli insediamenti, ma città che ricoprivano
grandi aree del territorio costiero allora emerso. Sotto il mare davanti a
Cuba a 800 metri di profondità sono state scoperte delle piramidi.
L’innalzamento delle acque e lo sprofondamento d’interi plateau continentali
hanno celato per millenni quei manufatti. E perché proprio la forma
piramidale ricorre seppur con leggere variazioni su tutto il globo? Sappiamo
che la piramide racchiude messaggi matematici-astronomici basilari. Sono
frutto di una civiltà conoscitrice profonda dell’astronomia e sicuramente
delle leggi che governano l’universo. E se questa presunta civiltà avesse
fatto uso di un’energia che noi non sappiamo ancora comprendere? Se fosse
stata capace di addomesticare questa forza per i propri usi come noi
facciamo oggi con la forza nucleare, e ne avesse perso il controllo
provocando così la catastrofe che ha determinato lo spostamento dell’asse
terrestre, lo slittamneto dei continenti e lo scioglimento dei ghiacci? Cosa
ne sarebbe stato di quella civiltà? Molti antichi miti ci parlano di
“semi-dei” che dopo il diluvio giravano il mondo per insegnare a coloro che
erano sopravvissuti la pastorizia l’agricoltura e i primi rudimenti di
scienza e astronomia. Chi erano quegli uomini? I vari Viracocha,
Quetzalcoatl, Kukulkan, Oannes, Osiride, Hotu Matua e tutti gli altri
semi-dei apportatori di conoscenze presenti in tutti i racconti mitologici,
erano forse una casta di scienziati che a conoscenza di quello che sarebbe
accaduto e non potendo fare altro, si sono messi in salvo per poter aiutare
i sopravvissuti e tentare di ricostruire la civiltà? La grande
determinazione con cui per millenni gli esseri umani hanno continuato a
costruire piramidi non era è forse stata dettata dalla spinta di dover
ricostruire un qualcosa di così importante per la civiltà e di cui col
passare dei secoli e dei millenni si è perso il significato relegandolo
soltanto a un fatto mistico e religioso.? Le grandi costruzioni i cui massi
sono così ben saldati tra loro con fino a trentasei lati come sono stati
assemblati? Alcune di quelle costruzioni erano rivestite di materiale
pizielettrico che è un buon conduttore, perché? I crani alllungati di cui si
è trovata testimonianza erano i crani di appartenenti a quell’antica civiltà
il cui cervello si era sviluppato in modo diverso dal nostro e in altre
direzioni? Cosa c’era in quei crani? Organi preposti alla telecinesi? Una
grande civiltà basata su poteri extrasensoriali capaci di imbrigliare le
forze subatomiche e governare così il macrocosmo? Una rete di siti
megalitici che copriva tutto il mondo e che possiamo paragonare alla rete
dei nostri satelliti e forse proprio come loro erano meccanismi ripetitori
in un’antica e remota forma di comunicazione, o di trasmissione di energia.
Si presuppone che molti siti erano predisposti affinchè si potesse allagare
l’area circostante, e cos’è l’acqua se non un buon conduttore? In Egitto, in
Cambogia, nell’isola di Pasqua, in Messico, in Perù, in Bolivia ci sono
tracce di costruzioni gigantesche legate tra loro da numeri astronomicamente
rilevanti. Da recenti studi si è compreso che le varie forme di energia che
governano l’universo sono tutte variazioni di una stessa energia, se gli
antichi avessero trovato la chiave per imbriglirla avrebbero potuto operare
con facilità in qualsiasi campo. E se per eccesso di sfruttamento di questa
energia avessero compromesso irrimediabilmente i naturali equilibri? Gli
sconvolgimenti dovuti ad un’improvviso e imprevisto ritorno alle origini, le
forze fino ad allora imbrigliate, liberatesi simultaneamente si sarebbero
scatenate provocando il cataclisma, la catastrofe, lo spostamento istantaneo
dell’asse terrestre e tutto quel che ne consegue cancellandoli dalla faccia
della terra con l’innalzamento delle acque. Queste sono solo ipotesi,
fantasiose forse, ma nessuno può impedirci di esprimere teorie così
affascinanti sulle ultime scoperte e legate al nostro passato remoto. Anche
noi oggi corriamo continuamente il pericolo che le forze atomiche che usiamo
per produrre energia ci possano sfuggire di mano, anzi è già successo
provocando gravi catastrofi ambientali. Per non citare il riscaldamento del
pianeta dovuto alle emissioni di tutte le energie che stiamo usando in modo
incontrollato per vivere in modo civile, o almeno così crediamo. Dove ci
porterà tutto questo? Gli antichi forse ci possono insegnare qualcosa.
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Misteriose
piramidi in Uzbekistan
La scoperta è di quelle che fanno sensazione archeologi uzbeki hanno
rinvenuto in una remota area montagnosa tra le regioni di Kashadariyn e
Samarkanda nel sud del paese, diverse piramidi simili a quelle egizie, alte
fino a 15 metri e risalenti a 2500 anni fa. L'Uzbekistan è un paese
musulmano vasto quasi come la Spagna prevalentemente desertico ebbe una
fiorente cultura locale fra il terzo secolo a.C. e il terzo d.C. con
influssi greci e indiani.Tra il XIV e il XV secolo, sotto Tamerlano, edificò
moschee e mausolei.Le piramidi uzbeke sono di pietra e di forma tetraedrica
come quelle egizie, ma non ha gradini, con una superficie liscia e
risalirebbero a 2000 2700 anni fa. Sono alte fino a 15 metri, cioè circa un
decimo di quelle della piana di Giza e hanno una ipotenusa di 40 metri. La
piramide di Cheope, nella piana di Giza è alta 146 metri e risalirebbe ad
almeno 5000 anni fa. Secondo gli archeologi, le antiche costruzioni uzbeke
sono arrivate sino a noi quasi intatte perché grazie alla loro remota
ubicazione non sono state utilizzate come materiale da costruzione in epoche
successive. Le piramidi uzbeke, oltre che a quelle egizie possono essere
paragonate anche a quelle più piccole precolombiane, in America Centrale, a
scalini. Le piramidi uzbeke hanno le pareti lisce che ne escuderebbero, a
giudizio degli esperti, l'uso sacrificale. Notizia data dall’agenzia
Uzreport nel Giugno 2002 e ripresa da un giornale locale. Torna
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La mitica Thule
"Tibi serviat ultima Thyle" (Virgilio, Georgiche, libro I, 30). Con questo
verso il poeta latino Virgilio celebrava la gloria del principato di Augusto
e il mistero di Thule, la leggendaria isola bianca ove "al solstizio
d'estate il sole non tramontava". L'isola viene descritta dal navigatore
greco Pitea di Marsiglia nella raccolta "Dell'Oceano" pervenutaci solo
frammentariamente. Sappiamo che Pitea visse durante il IV secolo a.C. e che
raggiunse l'isola durante un viaggio partendo da Marsiglia: Pitea superò la
Francia e la Spagna per poi oltrepassare lo Stretto di Gibilterra. Si gettò
nell'Atlantico e circumnavigò la Gran Bretagna. Giunto a Thule, egli seppe
osservare il periodo di sei mesi di luce sei mesi di buio tipico delle zone
polari. Nonostante i numerosi oppositori di Pitea, gli scienziati
alessandrini convalidarono le sue rilevazioni astronomiche con calcoli
teorici sulla posizione degli astri. Nei secoli successivi seguirono
numerose ricerche senza esito. L'isola divenne un ricordo e poi, un mito.
Col passare del tempo il termine "Thule" fu sinonimo di lontananza, di
ultima propaggine conoscibile prima dell'ignoto. Dove si trova Thule? Oggi
più paesi e isole si contendono tale identità: dalle Isole Shetland
all'Islanda, dalla Groenlandia alle Far Oer, ma il mistero dell'isola è
tuttora irrisolto. Torna
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I disegni di Nazca
Nel
1939, una piccola flotta aerea che sorvolava la pianura desertica del Perù
(Pampa di Palpa) notò sul suolo la presenza di strane linee , che solo
successivamente, osservandole da una maggiore altezza, furono identificate
in perfetti disegni geometrici. Perfetti perché anche quando il loro
tracciato si estende per chilometri e chilometri, le linee che li
costituiscono avanzano nel terreno perfettamente dritte , sia che
attraversino una collina o un terreno accidentato, superando avvallamenti,
incrociando altre figure , perdendosi oltre l'orizzonte ma mai deviando da
un percorso rettilineo . Alcuni dei disegni, le cui dimensioni raggiungono
anche i 200 metri e le cui tracce hanno larghezza variabile (da pochi
decimetri a oltre cinquanta metri), rappresentano animali (come una scimmia,
un ragno, un colibrì, una balena), fiori, mani, ma la maggior parte sono
sicuramente figure geometriche. La stranezza e il fascino che questi disegni
silenziosamente emanano solitari, in una zona disabitata e delimitata da un
lato, dalle grandi vallate di due fiumi e dall'altro dalla catena collinare
pre-andina, colpirono il geografo americano Paul Kosok, il quale si accorse
della loro esistenza il 21 giugno del 1941, mentre a bordo di un aereo si
stava recando a fare un picnic insieme alla moglie Rose. Subito egli fu
impressionato da due aspetti: le dimensioni davvero notevoli di quelle
figure, che in totale descrivevano una zona lunga 50 Km e larga 15, e la
località dove si trovavano, cioè un altopiano desertico delle Ande. Per otto
anni egli non si allontanò da quella località, di cui studiò gli enigmatici
manufatti nel vano tentativo di chiarirne il segreto. Per alcuni scienziati
i disegni di Nazca risalgono addirittura a 1500 anni fa, ma allora perché
solo nel '39 ci siamo accorti della loro presenza? La spiegazione sta nel
modo in cui sono state tracciate le linee, cioè rimuovendo delle pietre
dalla superficie del terreno per permettere così alla ghiaia sottostante di
assumere, grazie all'esposizione al sole, prima un colore giallo pallido e
poi un colore bruno-rossastro, rendendole così visibili solo dall'alto.
Queste linee si sono così conservate per secoli grazie all'assenza delle
piogge. La vera scoperta delle linee di Nazca è comunque da far risalire
agli anni venti, quando cioè il peruviano Meyìa Xesspe e l'americano Alfred
Kroeber, 2 scienziati, arrampicatosi su di una collina, notarono con
l'effetto della luce pomeridiana, delle lunghe linee che attraversavano il
deserto, linee che erano impossibili da vedere dalla pianura. Da questa
caratteristica, che le rendeva visibili solo dall'alto sta la spiegazione
del perché siano state scoperte così tardivamente, considerando che da
alcuni scienziati vengono fatte risalire addirittura a 1500 anni fa. Il
metodo usato si basava sul rimuovendo delle pietre dalla superficie del
terreno, permettere così alla ghiaia sottostante di assumere, grazie
all'esposizione al sole, prima un colore giallo pallido e poi un colore
bruno-rossastro, rendendole così visibili solo dall'alto. Grazie poi
all'assenza delle piogge, queste linee si sono conservate per secoli. Ma
perché gli indiani di Nazca, un popolo la cui cultura fu prima assorbita
dall'impero degli Inca (XV secolo) e poi successivamente annullata dai
conquistatori spagnoli, crearono questa immensa opera sul terreno? IPOTESI :Una
delle prime teorie fatte sulle linee di Nazca fu che esse dovevano essere
antiche strade, ma essa fu però respinta dopo che la zona interessata fu
osservata dall'alto con aerei che la sorvolarono tra la fine degli anni 20 e
successivamente negli anni 30. Un'altra ipotesi simile fu che esse fossero
piste di atterraggio, ma per chi?. Da escludere poi l'ipotesi che gli
indiani di Nazca segnarono il loro deserto per una motivazione artistica in
quanto non avevano la possibilità di vedere dall'alto. Più attendibile
risulta la teoria di Tony Morrison, un produttore cinematografico, secondo
il quale le linee di Nazca erano dei ceques, cioè sentieri tracciati per
fini religiosi. I fatti principali che lo portarono ad una simile
conclusione furono principalmente due.
Il
primo si basava su un documento spagnolo risalente al 1653 che spiegava come
nella capitale Inca di Cuzco, gli indiani edificarono santuari lungo linee
che si irradiavano dal tempio del sole. Quindi i cumuli di pietra congiunti
dalle linee di Nazca potevano essere per ciò resti di santuari. Il secondo
fatto, che rende la teoria ancora più attendibile, vede come protagonista la
regione della tribù degli Aymarà. Qui Morrison trovò un insieme perfetto di
linee come quelle di Nazca, che univano piccole costruzioni in pietra usate
per funzioni sacre, dette sacelli. Per l'archeologo Paul Kosok invece, le
linee e i disegni servivano per osservazioni astronomiche. La sua teoria,
che si basava su una mappa che egli stesso aveva tracciato, venne avallata
anche da una matematica tedesca, Marie Reiche secondo la quale gli animali e
le figure geometriche, puntate verso le maggiori stelle, rappresentavano
costellazioni di un enorme calendario, utilizzato dai Nazca per calcolare il
tempo. Ma oltre a trovare molti possibili allineamenti dei segni verso
stelle maggiori o verso il sole, Marie Reiche non trovò altre cose che
potessero avallare la sua teoria. Ma nel 1968, Gerald Hawkins, un astronomo
dell'osservatorio astrofisico di Washington, scoprì allineamenti simili al
famoso monumento megalitico di Stonehenge, e il risultato più importante a
cui giunse Alcuni risultati furono veramente interessanti, il dato più
significativo, ad esempio, fu l'allineamento di una figura detta il Grande
Rettangolo con le Pleiadi, nell'anno 610. Questa data coincide con la
datazione ottenuta al carbonio-14 di un palo di legno ritrovato nel luogo.
E' da tenere però presente che questo, come altri allineamenti, dimostrato
tramite computer, rientra però in casistica casuale. Altre ipotesi prendono
poi le misteriose linee di Nazca come rivelatrici di presenze extraterrestri.....
Quale sia quindi con certezza lo scopo delle linee di Nazca non si sa, ma
resta il fatto che ancora oggi questo arido altopiano del Perù nasconde in
se qualcosa di misterioso, sepolto da secoli e che forse non verrà mai alla
luce. Torna su |
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Ciudad perdida
Alcuni
anni fa in Colombia, precisamente nella Sierra Nevada di Santa Marta, fu
scoperto sotto l'intrico di una vegetazione florida e lussureggiante, un
gigantesco complesso archeologico. Questo non era altro che l'unico reperto
che rimaneva della Ciudad perdida (la città perduta). Qui, in questo luogo
costituito da palme gigantesche, cortine di liane, felci, e da una cascata,
fonte di vita e acquedotto dell'antico centro cerimoniale e dell'abitato
della ciudad perdida, vi abitavano i tairona. Nel XVI secolo però i primi
conquistadores spagnoli, al comando di Alonso Nino e Cristobal Guerra,
sbarcarono a Santa Marta e furono subito colpiti dalle enormi quantità di
monili d'oro con cui si adornavano gli indigeni. Dal quel momento si
susseguirono decenni di razzie ai danni dei tairona, colpevoli solo di
essere i depositari di una cultura avanzata e, soprattutto, di essere dei
provetti orafi, capaci di realizzare monili d'oro, strumenti, collane di
grande qualità artistica. Così migliaia di gioielli d'oro furono rubati agli
indigeni, i centri cerimoniali e perfino le tombe vennero spagliati e
saccheggiati. Migliaia di smeraldi finirono poi nelle bisaccie dei
conquistadores. I tairona allora ribelli ad ogni forma di schiavitù e non
volendo rivelare agli spagnoli il luogo in cui raccoglievano il prezioso
metallo, si ritirarono all'interno della foresta, sempre più in alto, verso
le cime della Sierra Nevada, distruggendo le strade, le scale di pietra, i
ponti secolari che li congiungevano alla costa, perdendo così l'accesso al
mare, fonte di cibo e di sale. Le rovine della città perduta sono rimaste
nascoste per anni tra la vegetazione, nel buio del sottobosco. Tutto è
costruito con mura di pietre granitiche, grigie senza malta, tenute assieme
solo dall'antica abilità dei costruttori. Grosse macine di pietra con i
relativi pastelli, utilizzate per frantumare il mais e altri semi selvatici,
ci parlano di una vita quotidiana interrotta, tutto si è fermato come
all'improvviso. Nelle tombe dei tairona, nascoste spesso nei pavimenti delle
capanne o davanti all'entrata, sono stati ritrovati magnifici gioielli d'oro
tra i più splendidi della civiltà precolombiana: rane d'oro, uccelli,
serpenti, divinità, orecchini ornamentali, pettorali, spesso in oro puro,
molte volte in lega con il rame; fu proprio questa abbondanza di oro a
condannare i tairona. I conquistadores si spinsero sempre più avanti, gli
indigeni cercarono di resistere abbandonando i loro insediamenti, ma un
feroce genocidio li fece scomparire quasi completamente. I pochi superstiti
si nascosero nelle alte selve e sulla tragedia di questo popolo calò il
silenzio. Adesso in questi posti si aggirano ancora gli indios kogi, che
sono considerati i discendenti dei tairona. I loro villaggi sono fatti di
poche capanne e vi sono solo donne e bambini in quanto gli uomini sono
lontani, nell e alture e nei terrazzamenti agricoli a lavorare. Torna
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La città
invisibile
Nella biblioteca di Rio de Janeiro, esiste un manoscritto scoperto nel 1838,
che descrive nei particolari un'immensa città abbandonata all'interno dello
stato della Bahia. La localizzazione è imprecisa, ma la zona è la stessa
dove dei vecchi viaggiatori dicono d'aver trovato alti muri e vie
pavimentate con grosse pietre. Essendo stata invasa dall'erba, la città è
visibile dai viaggiatori che la traversano, ma è possibile passarle accanto
senza accorgersene. Una vecchia leggenda parla di una città perduta
all'interno di questo stato. E' una leggenda che persiste da secoli. Tra il
1840 e 1847 sono state fatte delle ricerche nella regione che è molto vasta
e inospite, senza alcun riscontro. Gli abitanti del margine destro del fiume
Gongori, parlano di rovine spaventose. Nel 1945 in una ricerca nello stato
di Mato Grosso(regione centrale del Brasile), precisamente nella Serra do
Roncador, l'esploratore inglese Fawcett, suo figlio Jack ed un amico sono
spariti. Loro avevano detto d'aver trovato vie sotterranee che portavano
alla città perduta. Quando Fawcett spari, lui portava con sé un piccolo
idolo nero che aveva trovato in un precedente viaggio nella zona, e che,
secondo lui, era la dimostrazione dell'esistenza della città e di un'antica
civilizzazione. Quale sarebbe questa civilizzazione anteriore all'arrivo
degli europei in America? E perché non esistono dei referti su di loro?
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Le piramidi
perdute di Caral, "Città base"
L'antichissima città delle piramidi di Caral nel Perù, che risale al 2627
A.C, è di mille anni più vecchia di qualsiasi altro sito conosciuto nelle
americhe, diventando di fatto coevo delle piramidi egizie. Molti ora credono
che questo sito archeologico, dove sorge la città delle piramidi di Caral,
sia il collegamento mancante che gli archeologi indicano come "la madre di
tutte le città" o la "città della base". Se così fosse potrebbe finalmente
avere risposta la domanda di fondo che appassiona gli archeologi: perché gli
esseri umani hanno sentito il bisogno di aggregarsi e fondare le città? Per
questo motivo da più di un secolo gli archeologi stanno cercando proprio la
"città base". Le antiche civiltà infatti si sono sviluppate solo in sei zone
nel mondo: Egitto, Mesopotamia, India, Cina, Perù e America centrale. In
ciascuna di queste regioni le popolazioni si sono mosse dalle piccole unità
familiari (clan) verso le città, capaci di ospitare anche alcune migliaia di
persone. Perché? Dappertutto finora questa prima fase di costruzione della
città o è andata distrutta, oppure l'antico insediamento ha lasciato il
passo a successive costruzioni in epoche sempre primordiali. Ritorna quindi
la domanda: perché gli uomini ad un certo punto iniziarono a costruire le
città? Ci sono varie teorie al riguardo, legate soprattutto ai commerci,
all'irrigazione, alla fertilità dei terreni, alle guerre. Quest'ultima è la
teoria più accreditata. Quando l'archeologa Ruth Shady nel deserto peruviano
ha scoperto Caral, una città di oltre 5000 anni con le sue piramidi ancora
intatte, tutti gli occhi degli archeologi automaticamente guardarono a lei.
La città straordinaria di Ruth, è così antica che al momento non esiste
nulla di analogo nel Sud America. Non solo. Attualmente è l'unica candidata
ad essere identificata proprio come la potenziale, ricercatissima "città
base". Motivo: Caral è arrivata alle soglie del terzo millennio integra.
Niente è stato costruito sopra di essa. Si presenta agli archeologi come un
sistema complesso di piramidi, un anfiteatro, templi e case comuni
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Correlazione tra
Tutankamon ed il Nobile Pacal
Per più di 75 anni, da quando è stata aperta la tomba di Tutankamon, gli "esperti"
hanno tentato senza successo di spiegare l'eredità dell'enigmatico faraone.
Oggi Maurice Cotterel, che da tempo studia i significati nascosti delle
incisioni maya, getta nuova luce sui misteri dell'antico Egitto grazie a una
chiave scoperta nelle piramidi del Messico che gli ha permesso di codificare
i tesori della tomba del re bambino e di svelare il senso profondo dei sacri
segreti sepolti sulle rive del Nilo più di tremila anni fa. Akhenaton era
davvero il padre di Tutankamon? La tomba di Tutankamon è stata veramente
depredata? Che rapporto esiste tra il capo dei maya, Lord Pacal, e quello
degli egizi, Tutankamon? Nel risolvere questi e altri enigmi Cotterel
riscopre una sapienza antica che vive ancora oggi, celata nella geometria
sacra e custodita come un tesoro dalla Chiesa, dalla Massoneria e da altre
società segrete. Per la prima volta, Cotterel rivela le ragioni di tanta
segretezza: ragioni che interessano il futuro di ciascuno di noi e gravano
su di esso. Eccole: C'era una volta un re fanciullo, nato per immacolata
concezione sulle rive del Nilo più di 3000 anni fa. Insegnò al suo popolo la
scienza suprema del sole, lo adorò come dio della fertilità e compì miracoli.
Si dice che alla sua morte salì in cielo. Lo chiamarono il
serpente
piumato. (era Tutankamon). C'era una volta un re bambino, nel Messico. Anche
lui nacque per immacolata concezione, più di 1250 anni fa, nelle foreste del
Messico. Insegnò al suo popolo la scienza suprema del sole, lo adorò come
dio della fertilità e compì miracoli. Si dice che alla sua morte salì in
cielo. Lo chiamarono il serpente piumato. (era il nobile Pacal). Secondo la
leggenda, un uomo bianco barbuto, dai capelli biondi e gli occhi azzurri,
portò ai maya la conoscenza suprema. Insegnò loro i misteri dei cieli, le
leggi della matematica e dell'astronomia e le tecniche artigianali. Insegnò
loro a costruire le piramidi e i palazzi di pietra, ma soprattutto insegnò
loro la saggezza, e dichiarò che la purificazione sarebbe avvenuta
attraverso il sacrificio, e le anime purificate avrebbero avuto in dono
l'immortalità. Si disse che quando morì divenne la stella del mattino,
Venere, la più luminosa dei corpi celesti della notte, che viveva in una
casa preziosa di giada, piume argento e conchiglie. Fu di volta in volta tra
gli olmechi, i teotihuacanos, i maya, i toltechi e gli aztechi. Lo
chiamavano il Serpente Piumato, Quetzalcoatl, o Ku-Kul-can, il dio della
bontà e della saggezza. Anche altri parlarono dell'uomo bianco barbuto. Gli
Inca in Perù lo chiamavano Viracocha, mentre i loro vicini, gli aymara, lo
chiamavno Hyustus. In Bolivia era conosciuto come il "dio del vento", ai
polinesiani era noto come Kon- tiki, il dio sole. Ogni volta che se ne
andava, la sua promessa era sempre la stessa: un giorno sarebbe ritornato. I
tesori decodificati dei maya ci dicono che il nobile Pacal, sacerdote e re,
capo dei maya, visse e governò a Palenque dall'età di nove anni. Era
conosciuto come Quetzalcoatl, il serpente piumato, dio supremo dei maya. Fu
sepolto nel Tempio delle Iscrizioni, e la sua tomba, scoperta nel 1952,
conteneva artefatti di giada, serpenti piumati e conchiglie. I maya avevano
appreso dal loro maestro che il sole influisce sulla fertilità, che i suoi
raggi riempiono alcuni di gioia e altri di dolore, quindi con riverenza
davano il nome ai loro figli a seconda della data di nascita durante un
ciclo astrologico. Sapevano anche che il mondo era stato creato 4 volte e
sempre era stato distrutto in maniera catastrofica. Di questo incolpavano il
sole, che per loro era dio. le Plongeon, capitano di lungo corso ed
esploratore della civiltà maya alla fine del secolo XIX, riteneva che essi
praticassero l'ipnosi, inducessero la preveggenza e usassero "specchi magici"
per predire il futuro. Era certo che avessero fatto vela verso ovest
partendo dall'America centrale per sviluppare civiltà nel Pacifico, e quindi
si fossero spinti in avanti attraverso l'oceano Indiano e il Golfo Persico
fino all'Egitto. Per sostenere questa sua tesi, raffrontò molti esempi di
architettura maya ed egizia, scritti e credenze che si estendevano fino al
culto del sole. Nel libro "I SUPERDEI" si dice che i maestri spirituali,
quali Krishna, Buddha, Gesù e il nobile Pacal, portavano periodicamente la
superconoscenza sulla terra, consentendo il compimento di miracoli e la
comprensione dell'astronomia, riconoscendo anche il valora della
spiritualità e insegnando all'umanità scienza e religione ai massimi livelli.
Furono questi "superdei" che lasciarono il loro segno, tra l'epoca di una
catastrofe e l'altra, codificato nei loro tesori e monumenti. E' così che la
conoscenza si è propagata all'interno di ognuno dei periodi di 5000 anni.
Superdei
differenti portano la stessa conoscenza attraverso la storia, durante cicli
infiniti di progresso e distruzione della Terra. Ognuno di loro era
associato, come il sole, alla luce. le Plongeon fu uno dei primi a
credereche le culture dell'Egitto e del Messico si fossero evolute a partire
dalla stessa fonte: entrambi i popoli erano adoratori del sole; entrambi
costruirono le piramidi e veneravano un pantheon di dei, ed entrambi
ritraevano il fior di loto nei loro tesori come simbolo sacro del sole.
Entrambi condivisero la stessa epoca della durata di circa 5000 anni. In
Messico, il serpente piumato era venerato come il dio supremo. In Egitto, il
serpente e l'avvoltoio (piume) erano segni di regalità che rappresentavano
il sangue divino dei re. Ma solo un re, in Egitto, portava sia il serpente
che le piume sulla fronte. Era il re fanciullo Tutankamon, il quale, come il
nobile Pacal, salì al trono all'età di 9 anni. 1) Tutankamon, che portava
sulla fronte un serpente e le piume, era il quinto superdio? 2) Portò la
scienza suprema del sole agli egizi? 3) Codificò la conoscenza, come i maya,
nei tesori del suo popolo? 4) Era associato all'uomo bianco barbuto? [Tratto
in modo quasi integrale dal libro LE PROFEZIE DI TUTANKAMON di Maurice
Cotterel Edizione Mondolibri S.p.A., Milano su licenza Casa Editrice
Corbaccio s.r.l.,] Torna
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Misteri
dell'antica India
Le tecnologie e le mirabili scienze dell' India antica hanno destato grande
curiosita' fra gli storici. Nella letteratura vedica sono assai numerosi i
riferimenti a macchine volanti e a straordinarie facolta' mentali possedute
dalle genti di allora. Lo studioso Valentino ompassi, per esempio, nel suo "Gli
Dei Alieni", sostiene che i molteplici Dei dell'India soggiornassero in "residenze
aeree" di enorme grandezza. Egli si richiama al testo "Mahavira" nel quale,
tra le innumerevoli descrizioni, e' possibile leggere: "Un carro volante
trasporta molte persone verso la capitale Ahyodhya. Il cielo e' pieno di
macchine volanti sorprendenti; nere come l'oscurita, su cui spiccano gialli
bagliori". Compassi tende a precisare che tali racconti provengono dai
Manusa, testi dell'India antica che descrivono fatti realmente accaduti.
Altre testimonianze relative alle presunte tracce di un grado di sviluppo
superiore nella India antica si riferiscono a tre note scritture della
religione induista, il "Bhagavata Purana, il Mahabharata e il Ramayama".
Secondo i moderni studiosi di indologia tali opere condurrebbero a un
periodo compreso fra il 5' sec.a.C e il 9' sec. d.C e conterrebbero
riferimenti ben piu' antichi dei periodi in cui si ritiene siano state
scritte. Secondo il noto ricercatore Richard L. Thompson, a quei tempi, il
cielo sarebbe stato popolato da veicoli aerei, in sanscrito definiti "vimana".
Egli afferma inoltre che nella societa' vedica i viaggi in "altri mondi"
erano ritenuti possibili e che fra le genti erano diffuse straordinarie
facolta' mentali come la trasmissione e la lettura del pensiero, la capacita'
di vedere o sentire a grande distanza, il potere di spostare gli oggetti da
un luogo all'altro, il potere del controllo ipnotico a distanza,
l'invisibilita'. Secondo Thompson, "I purana parlano di 400 mila razze di
esseri simili agli umani che vivono su diversi pianeti". In occidente tali
scritture sono ignorate. Dovremmo quindi colmare tale lacuna del nostro
sapere attraverso la ricerca e la traduzione dei testi antichi della
letteratura vedica. Torna
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La Nuova Atlantide
Nel Maggio 2001 alcuni geologi del National Insitute of Ocean Technology,
analizzando i fondali del golfo di Cambay in India, hanno inaspettatamente
scoperto resti di antichi edifici e costruzioni. Ulteriori analisi, condotte
sulla forma e sulla disposizione delle costruzioni, hanno rivelato una
straordinaria somiglianza degli edifici ritrovati con città sorte nella
valle del fiume Indo verso il 2500 a.C. Subito è stata organizzata una
seconda ricognizione grazie alla quale sono state ottenute ulteriori
immagini e sono stati riportati alla luce alcuni oggetti, tra cui ceramiche,
parti di sculture e legni incisi. L'analisi al carbonio 14 di uno di questi
legni, eseguita al fine di datare i ritrovamenti, ha fornito informazioni
assai rilevanti: secondo tale studio gli oggetti ritrovati risalirebbero
addirittura a 9500 anni fa. Una notizia importantissima, se si considera che
fino ad oggi si pensava che la citt à più antica del pianeta Terra fosse
Uruk, in Mesopotamia, i cui resti risalgono circa al 3500 a.C. Inoltre,
questa datazione sarebbe confermata dal fatto che il livello del mare ha
cominciato ad alzarsi al termine dell'ultima glaciazione ed ha raggiunto i
livelli attuali circa 6000 anni fa. Naturalmente saranno necessarie nuove
ricerche, per stabilire se siamo di fronte ad una nuova Atlantide o ad un
tentativo dell'India di rivendicare il primato della civiltà. Torna
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Shambhala, mito o
realtà ?
Agarthi e' il regno sotterraneo nella cui capitale, Shamballa (detta anche
la "citta' di smeraldo" e ricercata invano da molti), regna il Re del Mondo
(Brahmatma, Chakravarti o Manu) che resta in carica per un Manvatara, una
delle quattordici epoche ed e' in contatto spirituale con tutti i regnanti
precedenti. Il sovrano attuale, cioe' il settimo, e' Yaivaswata. Egli viene
coadiuvato dal Mahatma (la grande anima, in grado di guardare nel futuro) e
dal Mahanga (colui che crea le cause degli eventi). E' capace di influenzare
i destini degli abitanti della superficie condizionando mentalmente i
governanti della Terra e comanda una societa' di cavalieri-sacerdoti, i
Templari Confederati dell'Agarthi, a sua volta presieduto da un Consiglio
Circolare, formato da 12 iniziati. In questo luogo la conoscenza e la
spiritualita' hanno raggiunto livelli inimmaginabili per i non iniziati, ai
quali e' infatti preclusa la possibilita' di accedervi. Se ci provassero,
delle vibrazioni appositamente create li confonderebbero, impedendogli di
vedere gli ingressi al regno, situati in India, Nepal, Borneo e Russia o
comunque li farebbero perdere nei meandri delle numerosissime gallerie. Il
regno di Agharti viene collocato dai miti e dalle leggende sotto l'Asia
Centrale in corrispondenza del territorio che va dal deserto del Gobi al
Tibet ed al Nepal e la sua estensione tramite gallerie sotterranee
arriverebbe a coprire buona parte della superficie terrestre. In realta' la
denominazione Agarthi e' piuttosto moderna. Essa ha cominciato a diffondersi
soltanto all'inizio di questo secolo anche se la sua tradizione e' molto piu'
antica. La fondazione del mitico regno viene infatti fatta risalire alla
notte dei tempi. Durante L'"Età dell'Oro" esso non era sotterraneo ed era
designato con il nome di "Paradesha" (in sanscrito Paese supremo, da cui
Paradiso). All'inizio dell' Eta' Nera (chiamata nella tradizione indù Kali
Yuga), cioe' la nostra epoca, i suoi abitanti per sfuggire al male si erano
rifugiati sottoterra (secondo altre tradizioni l'avrebbero fatto per
sfuggire ad una inevitabile catastrofe che avrebbe distruttto il continente
dove abitavano, il leggendario Gondwana) ed il nome di questo regno
sotterraneo divenne Agarthi cioe' "l'inacessibile". Secondo la tradizione
mongola il Paradesha fu fondato dal primo Guru quasi 400'000 anni fa e i
suoi abitanti si trasferirono sottoterra seimila anni fa . Secondo altre
dottrine, a dire il vero abbastanza incredibili, il regno di Agarthi sarebbe
stato fondato da venusiani discesi sulla Terra. Secondo altri ancora Agarthi
risale addirittura a piu' di 15 milioni di anni fa. Il mito di Agarthi si
ricollega anche allo studio delle correnti terrestri in quanto la capitale
Shamballa sarebbe situata al centro di queste energie e ne controllerebbe la
diffusione tramite i complessi megalitici (come Stonehenge). Il termine
"Manu" (colui che fa le leggi universali e che media con la divinita') che
e' uno degli attributi del Re del Mondo, si ritrova, con qualche modifica,
presso tutte le antiche religioni: "Mina" o "Menes" degli Egizi, "Menw" dei
Celti, "Minos" dei Greci; nella Qabbalah è l'angelo Metatron, nella
religione cristiana l'Arcangelo Michele. Ad Agharti è nata, infatti, la
religione prima dell "Età dell'Oro", in grado di porre l'uomo in totale
comunione con Dio. Nelle varie epoche i Grandi Iniziati di Agharti sarebbero
venuti in superficie a predicare, fondando cosi' le religioni maggiori.
Ritroviamo inoltre il termine "Asghard" nella tradizione germanica, che la
fa corrispondere alla citta' di Odino e degli Dei. Torna
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Ubar: l’Atlantide
del deserto
Ubar "dalle colonne alte" era ed è la più favolosa tra le città dell’antica
Arabia preislamica, ricordata dal Corano (col nome di Iram) per la sua
grandiosità e la superbia dei suoi abitanti. Per questo come Sodoma e
Gomorra, fu distrutta da Dio e venne sepolta dalle sabbie, che ne
cancellarono le tracce, così che divenne l’Atlantide del deserto. Nel corso
dei secoli, molti tentarono senza successo di riportarla alla luce, finché
si cominciò a dubitare che fosse mai esistita. Poi negli anni ’80, Nicholas
Clapp si imbatte nella sua leggenda: "La ricerca di Ubar aveva un sapore da
Mille e una notte, era un groviglio di storie imbastite da studiosi e
avventurieri. Ubar, ammesso che esistesse veramente, era ancora lì da
scoprire, una città fantasma a cui si arrivava attraverso una strada che si
perdeva nelle dune" E’ così che inizia (con successo) la centenaria ricerca
di Ubar da parte di Nicholas Clapp; curiosando tra antichi manoscritti
dall’anno 1460, Clapp si accorse che un’ amanuense copiando la mappa
Tolemaica, aveva confuso l’ 87° meridiano con il 78°!; ed infatti molti
avevano cercato l’ Omanum Emporium in un punto dove non c’era altro che
deserto. Clapp poi, si rivolse alla NASA e con il suo massimo stupore, dopo
aver spiegato la storia, venne subito accontentato. Ubar secondo le leggende
era stata distrutta o da un terremoto, o da un’ uragano o da Dio; ma a parte
le differenze sulla fine della città, in tutte le leggende si trova il
profeta Hud che accusa i suoi concittadini di non avere fede in Dio e prova
a convertirli al monoteismo; perché se avessero continuato nella loro vita,
Dio li avrebbe distrutti. E così avvenne. Visto che Hud predicava il
monoteismo in una città dell’Arabia preislamica, alcuni scrittori ipotizzano
che Hud fosse un ebreo. Ma l’importanza di quest’uomo è ancora viva tra la
gente dello Yemen, tanto vero che una volta ogni anno si riuniscono presso
la sua presunta tomba. Tornando alla storia di Clapp, dopo aver ricevuto i
dati dalla NASA, decise, insieme ad altre persone di provare una spedizione
alla ricerca di Ubar. La prima spedizione avvenne senza successo nel 1990.
L’ anno seguente non fecero nulla a causa della "guerra del golfo"; e
approfondendo gli studi, Clapp scoprì che Ubar era il più grabde centro per
la raccolta e lo smistamento dell' olibano. Grazie all’ olibano era spiegata
la ricchezza degli abitanti di Ubar; basti pensare che questo tipo di
incenso era ricercatissimo in Grecia e a Roma per usi celebrativi e funerari
e veniva considerato e pagato come fosse oro. L’ olibano cresceva sui vicini
monti del Dhofar al confine del Rub’ al-Khali il deserto dell’Arabia. Ma
allora, come poteva una città sopravvivere in uno dei deserti più estesi del
mondo? La risposta stava nel fatto che Ubar sorgeva nel luogo in cui oggi
sorge Shisur; infatti Clapp e la sua squadra si accorsero che le torri
dell’odierna città di Shisur erano costruite sopra delle strutture più
antiche. E scavando, portarono alla luce la città scomparsa di Ubar in cui
si raccoglieva il miglior olibano di tutto il mondo antico. Inoltre
scoprirono che la fine della città fu dovuta allo smottamento del terreno
causato dal ritiro della falda acquifera. Sulla costa c’era inoltre la città
di Ain Humran che era molto simile ad Ubar per costruzione; per questo è
facile pensare che Ain Humran fosse un avamposto del popolo di ‘Ad sul mare,
da cui veniva spedito l’incenso raccolto sui monti del Dhofar. Mentre da
Ubar partivano e arrivavano migliaia di carovane che attraversavano il Rub’
al-Khali. Così finisce la leggenda di Ubar fondata nel 900 a.C. e distrutta
nel 400 d.C . Torna
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Il continente
perduto di "MU"
La vicenda di Mu ebbe inizio con la scoperta di Khara Kota, città sepolta
dalle sabbie del Deserto del Gobi ritrovata all’inizio del secolo
dall’avventuriero russo Kolkov. Sotto le mura di questa città, l’esploratore
asserì di averne ritrovato un’altra più antica, Uighur, capitale del regno
dei mongoli delle steppe che portavano questo nome; il suo stemma era la
lettera greca M (“Mu”) inscritta in un cerchio diviso in quattro settori.
Sulla reale portata dei ritrovamenti di Kolkov vi sono giustificati dubbi,
in quanto i pochi resti rinvenuti sul luogo da esploratori successivi non
corrispondono affatto alle magnificenze da lui descritte; sta di fatto,
comunque, che, secondo Churchward, Uighur era una semplice colonia di un
vasto continente che egli battezzò, appunto, Mu. Esso occupava un territorio
delimitato dalle attuali isole Fiji, dalle Marianne, dalle Haway e
dall'ISOLA DI PASQUA; era abitato da sessantaquattro milioni di persone e
estendeva il proprio dominio su tutto il mondo, ivi compresa ATLANTIDE. Era
popolata da molte razze, su cui predominava quella bianca, e, dodicimila
anni prima, era stato sommerso da un gigantesco maremoto, e finì inghiottito
dalle acque del Pacifico. Una storia che, come si vede, non si discosta
molto da quella di ATLANTIDE, anche se la sua origine è molto più recente.
II CONTINENTE- PONTE. A ipotizzare l'esistenza di un altro continente
perduto fu uno zoologo inglese del diciannovesimo secolo, Philip L.Slater,
che aveva rilevato alcune analogie nell'evoluzione biologica e ambientale
delle coste dell'Africa, dell'India e della Malesia. Esso avrebbe dovuto
trovarsi nell'Oceano Indiano; Slater lo aveva battezzato “Lemuria” perchè,
tra le specie animali comuni a questi tre territori, c'erano, appunto, le
proscimmie chiamate lemuri. Non era una teoria del tutto campata in aria:
ancor oggi i geologi chiamano con questo nome un continente o un
subcontinente che potrebbe aver unito l'Africa all'Asia nel periodo
Giurassico (da 180 a 130 milioni di anni fa). Non c'è da stupirsi se, nel
romantico clima ottocentesco, l'ipotesi dell'esistenza di un’altra terra
scomparsa incontrò subito grande successo. Nel 1888 Madame BLAVATSKY scrisse
che Lemuria si trovava nel Pacifico, e vi aveva dimorato la terza delle sei
razze che (almeno secondo lei) avevano popolato la terra; anche lei aveva
appreso queste informazioni da una biblioteca segreta. Lo scozzese Lewis
Spence riprese il discorso affermando che la razza dominante di Lemuria era
quella bianca, secondo le teorie razziali in voga al momento; Churchward
popolarizzò ulteriormente la vicenda e diede a Lemuria il nome definitivo di
Mu. Torna su |
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Tutto ciò che
riguarda Atlantide
"Al di là di quello stretto di mare chiamato Le Colonne d'Ercole, si trovava
allora un'isola più grande della Libia e dell'Asia messe insieme, e da essa
si poteva passare ad altre isole , e da queste isole alla terraferma di
fronte (...).
In
quell'isola chiamata Atlantide v' era un regno che dominava non solo tutta
l'isola, ma anche molte altre isole nonché alcune regioni del continente al
di là: il suo potere si spingeva, inoltre, al di qua delle Colonne d'Ercole;
includendo la Libia, l'Egitto e altre regioni dell'Europa fino alla Tirrenia"
. A parlare è Crizia, parente del filosofo Platone , il quale racconta che
un secolo prima, nel 590 a.C. , il legislatore Solone si era fermto nella
capitale amministrativa dell' Egitto , Sais. Qui aveva cercato di stupire i
Sacerdoti di Iside illustrando le antiche tradizioni greche , ma uno di loro
aveva sorriso, affermando che quello greco era un popolo fanciullo nei
confronti di un altro su cui gli Egizi possedevano molta documentazione
scritta . Secondo il sacerdote egiziano , una civiltà evoluta era esistita
per secoli su "un'isola più grande della Libia e dell Asia messe insieme"
l'isola era stata distrutta novemila anni prima da un immane cataclisma
insieme a tutti i suoi abitanti. Le parole di Crizia sono riportate nei "Dialoghi"
Timeo e Crizia, scritti da Platone attorno al 340 a.C.. Ecco come il
filosofo greco descrive l' isola, sempre per bocca del sacerdote egiziano .
"Dal mare , verso il mezzo dell'intera isola , c'era una pianura; la più
bella e la più fertile di tutte le pianure , e rispetto al centro sorgeva
una montagna non molto alta (...) ." La descrizione continua a lungo,
inframmezzata da commenti sulla genealogia degli abitanti di Atlantide: ne
emerge l'identikit di un territorio rettangolare di 540 x 360 chilometri,
circondato su tre lati da montagne che lo proteggono dai venti freddi, e
aperto a sud sul mare . La pianura è irrigata artificialmente da un
complesso sistema di canali perpendicolari tra loro, che la dividono in
seicento quadrati di terra chiamati klerossu in cui si trovano floridi
insediamenti agricoli. La città principale, Atlantide, sorge sulla costa
meridionale; è circondata da una cerchia di mura la cui circonferenza misura
settantun chilometri; la città vera e propria , protetta da altre cerchie
d'acqua e di terra, ha un diametro di circa cinque chilometri . In altre
parole Atlantide misura quasi otto volte la Sicilia; se non proprio un
continente, è pur sempre un'isola di grandezza non disprezzabile. Crizia
descrive la fertilità delle sue terre popolate , tra l'altro , da elefanti
giacché anche per quell' animale , il più grosso e il più vorace di tutti ,
c'era abbondante pastura . Il possente impero di Atlantide, che si estende
sulle isole vicine, è diviso in dieci stati confederati , ognuno de i quali
è retto da un re; lo stato sovrano, quello che comprende la città di
Atlantide , è suddiviso a sua volta in sessantamila distretti ; ogni cinque
o sei anni si svolge una sorta di pubblica assemblea con la partecipazione
del popolo che giudica l operato delle varie amministrazioni . Gli
Atlantidei, non paghi di dominare sulle loro isole, hanno fondato colonie
nella terraferma di fronte (l'America?), in Egitto, in Libia e in Etruria.
Ma non sono riusciti a sconfiggere l'impero di Atene, fondato nel 9600 a.C.
dalla Dea Minerva e organizzato secondo gli stessi criteri che Platone aveva
esposto nella sua opera La Repubblica. Dopo molti anni di guerra, un grande
terremoto e un'inondazione devastano Atene, inghiottono il suo esercito e
fanno sprofondare anche Atlantide nelle acque dell'oceano . Una giusta
punizione, in quanto, con il trascorrere dei secoli, gli Atlantidei si sono
corrotti: "Quando l'elemento divino, mescolato con la natura mortale, si
estinse in loro, il carattere umano prevalse, allora degenerarono, e mentre
a quelli che erano in grado di vedere apparvero turpi, agli occhi di quelli
che sono inetti a scorgere qual genere di vita conferisca davvero la
felicità, apparvero bellissimi, gonfi come erano di avidità e potenza. E
Zeus, il dio degli dei, intuito che questa stirpe degenerava miserabilmente,
volle impartir loro un castigo affinché diventassero più saggi. Convocò gli
dei tutti, e, convocatili, disse..." Cosa disse Giove, possiamo solo
intuirlo: infatti con queste parole si conclude il Crizia. Ma il vecchio
sacerdote l'ha già spiegato in precedenza: "Più tardi, avvenuti dei
terremoti e dei cataclismi straordinari, tutta la vostra stirpe guerriera (cioè
gli Ateniesi) sprofondò sotto terra, e similmente l'isola di Atlantide
s'inabissò in mare e scomparve" . Di quanto ha raccontato, afferma Crizia,
l'Egitto è l'unico paese che possiede molta documentazione scritta, perchè,
contrariamente alle terre vicine, non fu coinvolto dalla catastrofe; e a
questo proposito si scusa con i lettori per aver imposto nomi greci ai
sovrani di Atlantide. Nei loro annali, infatti, gli Egiziani avevano
tradotti i nomi nella propria lingua, secondo il costume dell'epoca;
successivamente Solone li aveva a sua volta reinterpretati in greco, e così
glieli aveva riferiti."Quando dunque udrete dei nomi simili a quelli nostri,
non meravigliatevene, giacché ne conoscete il motivo" . Da Platone a Colombo
. Probabilmente il filosofo greco non immaginava che la sua breve narrazione
(più o meno una decina delle nostre pagine) avrebbe fatto scorrere più
inchiostro del suo intero corpus filosofico: circa venticinquemila opere
dedicate a una civiltà che, forse, non è neppure esistita. Caso più unico
che raro (altri antichi luoghi misteriosi, come il Triangolo delle Bermuda,
sono stati scoperti e discussi solo in tempi recentissimi), il problema
dell'esistenza o meno di Atlantide scatenò subito polemiche. A parte vari
accenni a terre al di là delle colonne d'Ercole (per esempio la Cymmeria
citata da Omero nell'Odissea), e l'accenno al popolo degli Atalanti, "che
non mangiano alcun essere animato" e "non sognano mai" nelle Storie di
Erodoto, il tema del Timeo e Crizia costituiva (almeno per quanto ne
sappiamo noi) un'assoluta novità. Aristotele, discepolo di Platone, non
diede molta importanza alla narrazione del suo Maestro, e questa
non-opinione ebbe un peso determinante nel Medio Evo cristiano. Aristotele,
infatti, era considerato un'autorità indiscussa, e ciò che lui aveva detto
("Ipse dixit"), e che non a caso concordava con la visione geocentrica
dell'universo sostenuta dalla Chiesa, non poteva essere contestato. Per di
più l'esistenza di un continente distrutto novemila anni prima non
coincideva con la data della creazione del mondo secondo la Genesi,
calcolata nel 3760 a.C. Ma, nel 1492, Cristoforo Colombo scoprì che, al di
là dell'Atlantico, esisteva davvero una terra: e il filosofo inglese Francis
Bacon suggerì che avrebbe potuto trattarsi del continente descritto nel
Crizia. Molte opinioni cominciarono a modificarsi, tanto che nel XVI e XVII
secolo Guillaume Postel, John Dee, Sanson, Robert de Vangoudy e molti altri
cartografi chiamarono le Americhe con il nome di Atlantide. Dopo la
Conquista, si scoprì pure che un antica leggenda degli indigeni del Messico,
trascritta nel Codice Aubin , iniziava con queste parole: "Gli Uexotzincas,
i Xochimilacas, i Cuitlahuacas, i Matlatzincas, i Malincalas abbandonarono
Aztlan e vagarono senza meta". Aztlan era un'isola dell'Atlantico, e le
antiche tribù avevano dovuto lasciarla perché stava sprofondando nell'oceano.
Dall'isola i superstiti avevano preso il nome: si facevano infatti chiamare
Aztechi, ovvero "Abitanti di Aztlan". Per la cronaca, in Messico questa
teoria non è relegata nei volumi fantastici: viene insegnata a scuola un po'
come da noi la storia di Romolo e Remo; al Museo di Antropologia di Città
del Messico sono esposti molti antichi disegni che descrivono la migrazione.
Il ritorno di Atlantide.
Qualcuno
comincia a rilevare alcune analogie tra la civiltà dell'antico Egitto e
quelle dell'America Centrale: costruzioni piramidali, imbalsamazione, anno
diviso in 365 giorni, leggende, affinità linguistiche. Atlantide sarebbe
stata dunque una sorta di ponte naturale tra le due civiltà, esteso,
probabilmente, tra le Azzorre e le Bahamas . Nel 1815, Joseph Smith,
contadino quindicenne di Manchester, nella Contea di Ontario a New York,
ebbe un primo incontro con un angelo di nome Moroni che gli promise
rivelazioni straordinarie. Molti anni dopo l'angelo gli mostrò il
nascondiglio di alcune preziose tavole scritte in una lingua sconosciuta,
che Smith, illuminato dall'ispirazione divina, si mise diligentemente a
tradurre. Nel 1830 uscì Il libro di Mormon, vera e propria bibbia della
setta dei Mormoni, che descrive una distruzione con caratteristiche del
tutto atlantidee (anche se l' Atlantide non vi è citata) avvenuta subito
dopo la crocefissione di Cristo . "Nel trentaquattresimo anno, nel primo
mese, nel quarto giorno, sorse un grande uragano, tal che non se ne era mai
visto uno simile sulla terra; e vi fu pure una grande e orribile tempesta, e
un orribile tuono che scosse la terra intera come se stesse per fendersi
(...). E molte città grandi e importanti si inabissarono, altre furono in
preda alle fiamme, parecchie furono scosse finché gli edifici crollarono, e
gli abitanti furono uccisi e i luoghi ridotti in desolazione (...) . Così
la superficie di tutta la terra fu deformata, e scese una fitta oscurità su
tutto il paese, e per l' oscurità non poterono accendere alcuna luce, né
candele né fiaccole" eccetera, eccetera. I superstiti, il popolo di Nefi, si
erano rifugiati in tempo "nel paese di Abbondanza", dove avevano costruito
templi e città, tra cui quello di Palenque e una grande fortezza
identificata succesivamente con Machu Picchu. Trentadue anni più tardi un
eccentrico studioso francese, l' abate Charles-Etienne Brasseur, scoprì la "prova
definitiva" del collegamento tra Mediterraneo, Atlantide e Centro America.
Le sue teorie furono immediatamente screditate, ma ispirarono la prima opera
veramente popolare sull'argomento: Atlantis, the Antediluvian World ("Atlantide,
il mondo antidiluviano") dell'americano Ignatius Donnelly (1882). Secondo
Donnelly, Atlantide era il biblico Paradiso Terrestre, e là si erano
sviluppate le prime civiltà. I suoi abitanti si erano sparpagliati in
America, Europa e Asia; i suoi re e le sue regine erano divenuti gli Dèi
delle antiche religioni. Poi, circa tredicimila anni fa, l'intero continente
era stato sommerso da un cataclisma di origine vulcanica. A sostegno della
sua tesi, Donnelly adduceva le analogie culturali descritte sopra, e qualche
prova geologica a dire il vero non troppo convincente. Dall'altra parte dell'
oceano Augustus Le Plongeon, medico francese contemporaneo di Donnelly, che
per primo aveva scavato tra le rovine Maya nello Yucatan, riprese
indipendentemente la tematica di The Antediluvian World in Sacred Mysteries
among the Mayas and Quiches 11,500 Years Ago; their Relation to the Sacred
Mysteries of Egypt, Greece, Caldea and India ("Misteri sacri dei Maya e dei
Quiché 11500 anni fa; loro relazione con i Misteri Sacri degli Egizi, dei
Greci, dei Caldei e degli Indiani"). A parte la smisurata lunghezza del
titolo, il suo libro ottenne un grande successo, e contribuì in larga misura
alla diffusione al rilancio del mito. I predatori della città perduta . Gli
studi pseudoscientifici pro e contro Atlantide cominciarono a succedersi a
ritmo vertiginoso. La gran massa degli studiosi concordava nel situare
Atlantide in mezzo all'Atlantico, come suggerisce la sua stessa
denominazione; ma in Francia le cose andarono diversamente. Il botanico D.
A. Godron fondò la "Scuola dell' Atlantide" in Africa nel 1868, collocando
la città perduta nel deserto del Sahara. Godron e il suo seguace Berlioux si
rifacevano all'opera Biblioteca Storica del greco Diodoro Siculo (90-20 a.C.),
il quale aveva affermato che "un tempo, nelle parti occidentali della Libia,
ai confini del mondo abitato, viveva una razza governata dalle donne (...)
La regina di queste donne guerriere chiamate Amazzoni, Myrina, radunò un
esercito di trentamila fanti e tremila cavalieri, penetrò nella terra degli
Atlantoi e conquistò la città di Kerne" . Niente, dunque, a che vedere con
la tradizione platonica; tuttavia i francesi possedevano molte colonie in
Nord Africa, e una possibile collocazione di Atlantide in quel territorio
solleticava, evidentemente, il loro nazionalismo. Si spiegano così le
numerose spedizioni susseguitesi alla ricerca della città perduta nel
massiccio dell'Ahaggar . Altre Atlantidi sono state collocate in luoghi
spesso ancor più fantasiosi: in Inghilterra al largo delle coste della
Cornovaglia ove sarebbe sprofondata la mitica città di Lyonesse, in Brasile,
Nord America, Ceylon, Mongolia, Sud Africa, Malta, Palestina, Prussia
Orientale, Creta, Santorini. Quest'ultima collocazione, sostenuta
dall'archeologo greco Spiridon Marinatos, insieme con l'irlandese J. V.
Luce, e descritta nel volume The End of Atlantis:New light on an Old legend
("La fine di Atlantide"), accontenta parecchi studiosi tradizionali. La
civiltà di Akrotiri, nell'isola greca di Santorini, fu effettivamente
distrutta nel 1400 a.C. da un'eruzione vulcanica. Per un espediente
narrativo, Platone l'avrebbe trasportata al di là delle colonne d'Ercole,
l'avrebbe ingrandita a livello di continente e avrebbe ambientato l'episodio
in un epoca assai precedente . Secondo l'italiano Flavio Barbero, Atlantide
si sarebbe trovata in Antartide. In tempi remoti il clima di quel territorio
era temperato, e una civiltà vi ci si sarebbe potuta tranquillamente
sviluppare; poi le glaciazioni l'avrebbero completamente distrutta (l'ipotesi
é esposta nel volume Una civiltà sotto il ghiacci, 1974). Un altra recente
teoria identifica Atlantide con Tartesso, prosperosa città-stato di origine
fenicia costruita su un'isola alle foci del Guadalquivir. Nel quinto secolo
a. C. la città venne completamente distrutta, probabilmente da un attacco
cartaginese, lasciando sicuramente dietro di sé la leggenda di una grande
civiltà scomparsa all' improvviso . Intorno al 1920 l 'archeologo tedesco
Adolf Schulten ne identificò la posizione: sarebbe sorta nei pressi di
Cadice, l' antica Gades, e, in effetti, Platone parla nel suo racconto di un
re chiamato Gadiro . Tartesso presenta qualche analogia con la città
descritta dal filosofo greco: era irrigata da canali , era fertile e ricca
di minerali , e sopratutto andò distrutta in brevissimo tempo . Sempre a
Cadice è ambientata una singolare truffa. Nel 1973 la sensitiva Maxine Asher
riuscì a convincere il rettorato dell'università di Pepperdine (California)
a finanziare una spedizione sottomarina in Spagna, dove forti vibrazioni
psichiche le avevano segnalato la presenza di una città sommersa . Parecchi
studenti e professori sborsarono dai duemila ai 2400 dollari, e la Asher
partì effettivamente per Cadice, da dove diramò un falso comunicato stampa
che confermava il ritrovamento . Ricercata dalle autorità spagnole - si era
eclissata con il denaro raccolto - fu arrestata in Irlanda, mentre stava
organizzando un'identica messinscena . Se anche voi intendete partire alla
ricerca di Atlantide , prendete contatto con l'Atlantis Research Group (F.G.Lanham
Federal Building , 819 Taylor Street , Box 17364 , Ft. Worth , TX
76102-0364, USA): i suoi affiliati vi sapranno dare preziose indicazioni .
L'Atlantide esoterica . Verso la fine del secolo scorso, lo studioso inglese
Philip L. Slater ipotizzò l'esistenza di un sub-continente sommerso (da lui
battezzato "Lemuria") che avrebbe potuto unire l'Africa all'Asia in un'epoca
remotissima. Non c'è da stupirsi se, nel romantico clima ottocentesco,
l'ipotesi dell' esistenza di un nuovo continente scomparso incontrò subito
grande successo. Nel 1888 Helena Blavatsky, fondatrice di un gruppo
esoterico chiamato "Società Teosofica", confermò entusiasticamente la teoria,
che lei già conosceva per averla letta (insieme alla "vera" storia della
fine di Atlantide) nelle misteriose "Stanze di Dzyan", un antico libro
scritto in una lingua sconosciuta che racchiudeva la storia dimenticata
dell'uomo. Secondo la Blavatsky, ad Atlantide e a Lemuria abitava la terza
di sei razze che avrebbero popolato la terra in tempi remoti; i suoi
rappresentanti erano poco meno che Dèi, dotati di straordinarie conoscenze
esoteriche poi tramandatesi solo entro una ristrettissima cerchia di
iniziati. La Teosofia popolarizzò così una nuova concezione di Atlantide: il
continente divenne d'improvviso l'inizio del sapere e della civiltà (Gerardo
D'Amato, 1924); addirittura la fonte primigenia della civilizzazione .
Alcuni "Grandi iniziati" sopravvissuti alla sua distruzione - tra cui il
Mago Merlino dei miti di Re Artù - avrebbero trasmesso ai loro discendenti
segrete conoscenze esoteriche; come gli alieni per i fautori dell'"ipotesi
extraterrestre", essi sarebbero i responsabili di molte delle costruzioni,
oggetti e fenomeni inesplicabili di cui si occupa questa "Enciclopedia". Nel
1935 il medium americano Edgar Cayce affermò in stato di trance che
Atlantide era stata distrutta a causa del cattivo uso di oscure forze da
parte di malvagi sacerdoti, e predisse che alcune parti del continente
perduto sarebbero riemerse entro pochi anni a Bimini, al largo della costa
della Florida. In effetti, proprio in questa località e proprio alla data
prevista, nel 1969, l'archeologo subacqueo Manson Valentine rinvenne alcune
costruzioni sommerse (le tracce di una larga strada e un tempio) la cui
origine è tutt'ora in discussione. Secondo l'"ipotesi extraterrestre",
Atlantide e Mu sarebbero invece state basi di alieni, distruttesi a causa di
un cattivo uso dell'energia nucleare. Il cataclisma. Ammessa (e non
concessa) l'esistenza di Atlantide, quando potrebbe essere avvenuta la sua
distruzione e cosa potrebbe averla determinata? Sul primo punto ("Quando"),
gli Atlantidisti sono abbastanza concordi: intorno a 10.000 anni fa, più o
meno nel periodo descritto da Platone. Otto Muck, autore de I Segreti di
Atlantide, ha ricostruito con complessi calcoli basati sul calendario Maya
addirittura il giorno esatto della catastrofe: il 5 giugno dell 8498 a.C..
Per quanto riguarda le cause, le ipotesi sono molteplici: dall'eruzione
vulcanica, a una guerra nucleare, alla caduta di un asteroide o di una
seconda luna che, in tempi remoti, avrebbe orbitato intorno al nostro
pianeta . Un cataclisma di tale portata potrebbe arrecare conseguenze di
vari ordini. La scomparsa di un continente modificherebbe innnanzitutto le
correnti oceaniche, mutando in modo radicale le situazioni climatiche ,
creando nuove glaciazioni e nuove zone desertiche.
L'onda
d'urto e la susseguente marea distruggerebbero gran parte delle città
portuali e molte città dell'interno; l'immensa e rapidissima compressione
causata dall'impatto con un gigantesco asteroide provocherebbe una
radioattività pari a quella di numerose bombe H. La polvere sollevata da una
simile esplosione oscurerebbe il sole per anni, provocando terrori
ancestrali (e, tra l'altro, ulteriori conseguenze sul clima e i raccolti).
Se Atlantide fosse stata davvero la dominatrice di altre civiltà, inoltre,
la sua scomparsa avrebbe suscitato lotte e sconvolgimenti . Insomma, se
Atlantide fosse stata distrutta in un giorno e una notte, come Platone
asserisce, la Terra avrebbe conosciuto necessariamente un'era di barbarie, e
una nuova civilizzazione non avrebbe potuto evolversi prima di
cinque-seimila anni. Il tempo sufficiente per cancellare e trasformare in
leggenda ogni traccia di un remoto passato . Prove e controprove . A parte
alcune intuizioni del racconto di Platone (per esempio quella di un vero
continente al di là dell'oceano ) rivelatesi poi veritiere, quali fatti
concreti supportano l'esistenza storica di Atlantide? Le uniche prove a
favore su cui possiamo basarci sono di carattere puramente indiziario.
Esistono, per esempio, manufatti non inquadrabili in modo canonico come
prodotti di civiltà note. C'è, soprattutto, una vasta tradizione a proposito
di una grande catastrofe avvenuta in tempi remoti; lo spaventoso diluvio
universale da cui solo pochi eletti si salvarono per volere divino. Se le
prove pro-Atlantide sono poco convincenti, altrettanto lo sono quelle contro.
A ogni ipotesi scientifica atta a dimostrare la possibile realtà della
tradizione platonica ne corrisponde un'altra che dimostra esattamente il
contrario; a meno di non esser un esperto in tutti i campi dello scibile,è
impossibile per un profano stabilire chi ha ragione . Torna
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L'Arca
dell'Alleanza
Scolpita nell' oro , sormontata da due cherubini dalle ali tese si pensa
contenesse le tavole dei comandamenti di Dio, il vaso d'oro con la Manna ed
il bastone di Aronne. Secondo la tradizione l' Arca dell' Alleanza fu
costruita per custodire le tavole divine, simbolo del popolo ebraico.
Ma chi la possiede ora ? Secondo gli archeologi arbero e Anati, Mose'
avrebbe custodito l'Arca durante l'Esodo per poi sostituire l'originale con
una copia: l'Arca si troverebbe nelle viscere del monte Har Karkom insieme
agli altri tesori del popolo ebraico. Altre ipotesi muovono dalle sacre
scritture secondo le quali l'Arca sarebbe stata custodita nel Nerib, il
luogo piu' riposto e segreto del tempio di Gerusalemme. Da allora le sue
tracce sembrano perdersi ma c'e' chi ritiene che la risposta si celi nel
Secondo Libro delle Cronache dove e' scritto: "nell'anno quinto del regno di
Roboamo (925 a.C.) Sesac, Re d'Egitto Soshenq I, della XIII Dinastia) marcio'
contro Gerusalemme e porto' via i tesori del tempio del Signore. Porto' via
ogni cosa, anche gli scudi d'oro lasciati da Salomone". Secondo altra
corrente l'Arca si troverebbe in Palestina dove Gioas, Re d'Israele, avrebbe
distrutto il Tempio di Gerusalemme, tra il 797 e il 767 a.C. per
saccheggiarne le ricchezze. Il mistero persiste. Negli anni scorsi si e'
appresa la notizia del suo presunto grande ritrovamento: nel volume "The
Sign and the Seal", l'inglese Graham Hancock ha sostenuto che l'Arca, si
troverebbe in Etiopia, in una cripta sotterranea custodita da una misteriosa
confraternita. Nella nota festa sacra del Timkat che si svolge ad Axum,
sembra che l'Arca venga portata in processione protetta da uno spesso drappo:
secondo la leggenda i portantini avrebbero riportato gravi ustioni dovute
alla energia sprigionata dall'Arca. Torna
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Niente da fare:
L'arca etiope dell'alleanza è falsa!
Isacco de Karpet, patriarca della biblioteca armena del convento di San
Giacomo a Gerusalemme, assieme al suo confratello Dimoteo Sapritchian,
intraprese un viaggio diplomatico per conto della autorità inglesi alla
volta dell'Abissinia nel 1867. Nel 1869 raggiunsero la città di Aksum,
centro spirituale dell'Etiopia. Ai due armeni era noto che ivi era custodita
la più importante reliquia della Chiesa etiope, che consisteva in un tabot,
o tavoletta di pietra, ritenuto l'originale dei dieci comandamenti dato da
Dio a Mosè sul monte Sinai.
Ma
per vedere il tabot, Isacco e Dimoteo dovevano avere il permesso del clero
di Aksum, ed il sacerdote responsabile della cappella disse che sarebbero
stati autorizzati soltanto se prima avessero riconosciuto l'autenticità
della reliquia. Dimoteo ribattè che secondo la Bibbia i Comandamenti erano
stati scritti su due tavole di pietra, non una. Gettati quindi i presupposti
di una disputa teologica, i sacerdoti di Aksum si lanciarono in una lunga e
bizzarra spiegazione " storica " in favore della loro versione. Dissero a
Isacco e Dimoteo che Menelik, il leggendario re figlio di Salomone e della
regina di Saba, aveva rubato il tabot dal tempio di Gerusalemme; novecento
anni dopo un etiope di nome Ezechiele l'aveva riportato nella città Santa.
Incontrato Gesù, gliel'aveva mostrato e gli aveva chiesto:" Accetti i
comandamenti o no? ". Lui non aveva risposto, ma aveva girato la tavoletta e
vi aveva tracciato con il dito in caratteri d'oro:" Accettate tutto ciò che
trovate qui". Ezechiele era tornato ad Aksum con il tabot, che con il
passare dei secoli era diventato suprema reliquia della chiesa cristiana
etiope. Al termine del racconto Isacco e Dimoteo non avevano comunque
cambiato idea, perciò i sacerdoti di Aksum continuarono a negare l'accesso
alla reliquia. Dopo la morte del regnante d'abissinia Teodoro, il principe
ereditario d'Etiopia ,Kasa, decise di instaurare rapporti amichevoli con gli
armeni intervenendo personalmente negli affari della Chiesa. Si affrettò a
recarsi ad Aksum e al suo arrivo interruppe la situazione di stallo
dottrinale e destituì i suoi sacerdoti, dichiarandoli rozzi, privi di
cultura e incompetenti. Portò quindi Isacco e Dimoteo della cappella e
mostrò loro l 'arca dell'alleanza. La reliquia a quanto è riportato nel
racconto di Isacco, aveva una somiglianza scarsissima, per non dire nulla,
con la grande arca rivestita d'oro descritta nella bibbia: era semplicemente
una piccola cassa di legno che secondo Dimoteo era stata fabbricata nel
subcontinente indiano, cosa tutt'altro che improbabile, considerata la
posizione dell'Etiopia sull'antica via commerciale che collegava Medio
Oriente e l'India tramite il Mar Rosso. Dall' arca indiana fu estratto il
tabot e Dimoteo potè tenerlo tra le mani. Di colore rossiccio, alto 24 cm,
largo 22 e spesso3, il tabot recava scolpito intorno al margine un motivo
floreale e un altro motivo ornamentale a catena; al centro, su due colonne,
erano incisi i " dieci Comandamenti ". Il testo non era scritto in ebraico
antico, ma in lettere che a parere di Dimoteo erano inequivocabilmente
etiopi, per quanto di " stile turco". Verso il fondo della tavoletta c'erano
dei simboli che nè Dimoteo nè i sacerdoti riuscirono a decifrare. A
giudicare dall'incisione riprodotta nel libro di Dimoteo erano probabilmente
le lettere I e S, che stavano per Iesus Signore, una legenda che si
riscontra su molti oggetti cristiani di età medievale. Dimoteo e il suo
patriarca erano chiaramente imbarazzati e, incalzati dal loro ospite perchè
pronunciassero un giudizio definitivo, convennero cortesemente sulla
provenienza mosaica della tavola. All'uscita dalla cappella, con loro grande
sollievo, trovarono una guardia d'onore inglese che li aspettava per
scortarli fino alla strada costiera che li avrebbe ricondotti a casa. Giunto
sano e salvo a San Giacomo, Dimoteo, che vivendo a Gerusalemme doveva essere
abituato a riconoscere le false antichità, ammise che la tavoletta non
sembrava affatto antica e che probabilmente era una rozza copia delle tavole
di pietra originali consegnate da Dio a Mosè; datò quindi il tabot al XIII o
XIV secolo d.C. Torna
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Il diluvio
universale
Un oceanografo, Robert Ballard, ha affermato, qualche tempo fa, di aver
ritrovato le tracce del Diluvio Universale (vedi "Hera" n°1), in un' antica
linea costiera, situata tra il Mar
Mediterraneo
ed il Mar Morto, che scomparve, in seguito ad un immane inondazione, circa
8000 anni fa. Lo stesso Ballard afferma di aver dimostrato così la
veridicità del racconto biblico. Ma, a mio personale avviso, non c'era
assolutamente bisogno di tali ritrovamenti per appurare l'effettivo
avvenimento, in passato, di uno sconvolgimento globale, il cui ricordo
sarebbe rimasto nei miti di tutti i popoli mondiali. Infatti,
differentemente a quanto si potrebbe credere, la leggenda su un Diluvio
Universale, o comunque su una catastrofe di varia natura, che avrebbe
colpito la Terra, non è caratteristica peculiare della tradizione
giudaico-cristiana, anzi sì buon ben affermare che essa stessa sia un
retaggio di miti sumerici, di cui gli Ebrei, le cui prime antichissime sedi
erano in Mesopotamia, avevano avuto modo di assimilarne il contenuto.
Infatti il mito sumero di Gilgamesh, l'eroe sumero per due terzi divino e
per un terzo umano, racconta come, costui, dopo la morte del suo amico
Enkidu, vaghi disperato alla ricerca del suo antenato Utnapishtim ( in
possesso della sapienza per far rivivere l'amico !!!). Una volta trovato il
suo antenato, Gilgamesh viene a sapere che lo stesso Utnapishtim, per volere
del dio Ea, era l'unico sopravvissuto di un diluvio voluto dagli dei per
punire l'umanità corrotta. Lo stesso dio Ea diede a Utnapishtim le misure di
un'imbarcazione da costruire per salvare se stesso e condurre seco il " seme
di tutte le creature viventi". Dopo giorni e giorni di navigazione in acque
agitate dalla furia degli elementi, finalmente la collera degli dei parve
placarsi e Utnapishtim liberò prima una colomba e poi una rondine che non
trovando dove posarsi fecero ritorno, e fù solo allorché liberò un corvo,
che trovando da mangiare in quantità, per il gran numero di carcasse, non
tornò più, che si decise a discendere sulla terra libera dalle acque.
Similmente a Utnapishtim ed al biblico Noè altri popoli della zona
eurasiatica ricordano, nei propri miti, catastrofi simili ed eventuali
eletti dagli dei affinché potessero salvarsi e dar nuova linfa al genere
umano. Così nella tradizione greca troviamo Deucalione e Pirra, marito e
moglie, che si salvarono su un'arca e ripopolarono la terra lanciando sassi
alle loro spalle; in Iran è ricordato Yima, mentre in India è citato
Baisbasbata. Con una leggenda universale così specifica, persino la durata
del diluvio varia poco (dai 40 ai 60 giorni), dando così adito che, più di
un mito, deve essere stato qualcosa di assolutamente veritiero che ha
lasciato un trauma profondo nell'umanità mondiale. Ho parlato di umanità
mondiale poiché se le somiglianze dei vari miti citati può essere
giustificata con la relativa vicinanza geografica di tali popoli, tale
teoria va a decadere ( e nel contempo a rendere ancora più valida l'ipotesi
che non sia solo un mito) allorché gli stessi racconti li possiamo
riscontrare nelle tradizioni (antiche di millenni prima dell'arrivo dei
conquistadores spagnoli, per cui possiamo rinunciare all'idea di possibili "contaminazioni")
dei popoli del centro e Sud America. Citiamo Coxcox, del mito azteco, che si
salvò su un enorme cipresso; Tepzi, del mito olmeco; Bochica, del mito
Chibcha colombiano, che si salvò dal diluvio aprendo un buco in terra;
Tamandere, il Noè Guarany dell'America Meridionale, etc.. In tutti questi
casi gli animali salvati rappresentano la fauna locale. Accertato che una
catastrofe colpì tutta la Terra e decimò immensamente la popolazione umana,
la fauna animale e vegetale, sorgono due dubbi: fù veramente un diluvio?
Quando si verificò questa catastrofe? L'impossibilità di una cataclisma di
sola matrice piovosa, investente tutta la Terra, fatta eccezione per le
vette più alte, è abbastanza discutibile, poiché la quantità di acqua
presente sul nostro globo non può subire variazioni così elevate da
giustificare un simile evento. Il testo biblico così cita: "e ruppero le
sorgenti del grande abisso e le cataratte del cielo sì aprirono": forse per
rottura delle sorgenti dell'abisso s'intende l'innalzamento del livello
delle acque terrestri, ma anche quest'ipotesi è da scartare a priori in
quanto sarebbe difficile da spiegare da dove tutta quell'acqua sarebbe
potuta provenire e dove sarebbe defluita. Più sensata e giustificata
potrebbe essere invece l'ipotesi di un evento catastrofico,che, accompagnato
da altri eventi naturali come terremoti,maremoti, sollevamenti e
abbassamenti della crosta terrestre, eruzioni vulcaniche, abbia provocato
inondazioni in varie parti del nostro pianeta poste in zone relativamente
basse rispetto al livello del mare e che sia tramandato in maniera affine
nelle tradizioni prima orali e poi scritte dei vari popoli. Il sommarsi di
tutti questi elementi naturali catastrofici sopra citati potrebbe benissimo
dare l' idea, allo smarrito spettatore di quei tempi, che sia effettivamente
giunta la fine del mondo. Un simile evento è effettivamente successo in un
arco di tempo che varia fra i 10000 e i 13000 anni fà : è infatti a quel
periodo che secondo gli scienziati di oggi si verificò l' ultimo spostamento
accertato dei poli magnetici. Secondo un codice Chimalpopoca, scritto nell'
antica lingua degli aztechi, il nahuatl, sarebbero avvenuti quattro
spaventosi sconvolgimenti provocati dallo spostamento dell' asse terrestre.
Nel mito nordico si narra che allorché il lupo Fenrir spezzò le catene che
lo legavano egli "si scrollò e il mondo tremò: Il frassino Yggdrasil (l'
asse del mondo) fù scosso dalle radici fino ai rami più alti. Le montagne si
spaccavano, la terra perdeva la sua forma, e le stelle cadevano dal cielo".
L' asse polare di allora, che addirittura secondo alcuni geologi pare avesse
il suo punto nord alle Hawaii, venne divelto e la terra oscillò paurosamente
prima di riprendere una nuova posizione, con nuovi poli. Immense nubi di
polvere cosmica trattennero la radiazione solare così che quelli che oggi
conosciamo come zone ghiacciate ( Antartide, la Siberia), ma che allora
godevano di un clima temperato, subirono un subitaneo raffreddamento ( si
spiegherebbero così i corpi dei mammut perfettamente conservati, con cibo
ancora non digerito nello stomaco, scoperti in Siberia).Altre zone ,come ad
esempio il nord-America e la parte settentrionale dell' Europa, allora
ghiacciate si liberarono altrettanto repentinamente dei loro ghiacci che,
sciogliendosi, contribuirono all' innalzamento del livello del mare. Lo
stesso potrebbe essere successo per la calotta polare artica. Ora, coloro
che sono più addentro in fatto di nozioni geologiche potrebbero obiettare
che ultime stime fatte sulla calotta artica, col sistema di carotaggio in
profondità, sembrano datare questi immensi ghiacciai a non meno di 5 milioni
di anni fa, per cui ci sarebbe una discrepanza molto evidente con le date da
noi citate sino ad ora. Tale discrepanza, di non poco conto, può essere
spiegata adducendo che l' attuale calotta del Polo Nord non sia altro che
ciò che sia rimasto di una zona polare ben più vasta, scioltasi durante
quell' immane disastro. Invece per quanto riguarda l' ipotesi di un'
Antartide priva dei ghiacci all' incirca 12000 anni fa abbiamo molti
riscontri positivi, sia da analisi geologiche sia da strane mappe che la
rappresentano in condizioni di disgelo, le quali non si sono verificate da
almeno il 4000 a.C. Un tale profilo del continente Antartico privo di
ghiacci è stato rilevato da una spedizione, nell' Anno Geofisico del 1949,
usando un sistema sismico a riflessione. Cosa provocò un così immane
disastro? L' ipotesi più probabile da considerare è un immane impatto con un
asteroide o un meteorite di grandi proporzioni o un susseguirsi di impatti
con vari oggetti provenienti dal cosmo. A tal fine è ben ricordare come
molte leggende di vari popoli mondiali citano l' esistenza in passato di tre
lune nel nostro sistema solare e la conseguente caduta o frantumazione di
due di esse sul nostro pianeta, in vari periodi. Secondo uno studioso,
Horbiger, le tracce di gigantismo ritrovate in alcuni scheletri umani,
nonché della flora e della fauna, potrebbero essere spiegate con la
diminuzione della forza di gravità terrestre bilanciata dall' attrazione di
un' altra luna, o più, che lui definisce Terziaria, esistente allora, per
poi frantumarsi in seguito formando quel serpente di fuoco (cioè un' insieme
di frammenti) tanto comune a molti miti. Un' altra ipotesi, appoggiata dal
professore Charles Hapgood, il quale per primo studiò queste antiche mappe e
in base ad esse arrivò a tali conclusioni, e persino da Albert Einstain,
prevede lo "lo scorrimento della croste terrestre" il quale causò forti
movimenti eccezionali delle correnti termo-convettive all' interno degli
strati più fluidi del mantello, lo strato che si ritrova al di sotto della
litosfera o crosta terrestre. Ciò avrebbe dato vita a immensi sconvolgimenti
tellurici. Personalmente non credo che questa teoria possa giustificare da
sola l' improvviso scioglimento dei ghiacciai e l' altrettanto repentina
glaciazione in altre parti; propendo più per un insieme dei due fattori,
cioè impatto con meteorite+ scorrimento della crosta terrestre: come a dire
causa ed effetto. E' curioso come Platone, nei suoi "Timeo" e "Crizia",
ponga la fine del favoloso continente atlantideo a circa 11000 anni fa,
quindi una data compresa in quel lasso di tempo che gli scienziati concedono
per l' ultimo scorrimento dei poli terrestri (10500-13000 anni fa). I pochi
superstiti di questo mitico continente (che non sarebbe mai scomparso ma
solo coperto eternamente dai ghiacci: l' Antartide) si sarebbero sparsi per
il mondo ( ecco i vari mti dei semi-dei come Osiride, Oannes, Viracocha,
Kukulkan, Quetzalcoatl) a spargere il seme delle loro conoscenze ai pochi,
primitivi e impauriti sopravvissuti ( così andrebbe spiegato come mai l'
agricoltura parve fiorire in tutto il mondo all' unisono circa 9000 anni fà)
rifugiatisi sui punti più alti della Terra per sfuggire alle acque,
costruendo così le basi per civiltà come quelle mesopotamiche, egizia,
centroamericane, fornendo loro il bagaglio di conoscenze astronomiche ( la
perfetta conoscenza da parte di Sumeri e Maya del nostro sistema solare è
stupefacente se rapportato al fatto che alcuni pianeti li abbiamo scoperti
solo in quest' ultimo secolo e con appropriata attrezzatura), ingegneristico
(le piramidi, la Sfinge, Tiahuanaco, i blocchi di Baalbek, Teotihuàcàn,
Macchu Picchu, Angkor), religioso e cartografico (le mappe di Pirì Reis,
Buache, Mercator, Fineo, tutte mappe geografiche copiate da antichi
documenti originali che hanno una sola caratteristica comune: le nozioni
geografiche in esse rappresentate non erano disponibili, a quanto si crede,
prima di ogni umana forma di civiltà a noi storicamente conosciuta). Tracce
di una civiltà che poi sarebbe andata perdendosi e cadendo in uno stato d'
abbrutimento in seguito ad altri eventi naturali, lotte interne (da
ricordare come molti di questi semi-dei fossero costretti a fuggire dall'
inasprirsi dei rapporti con le stesse popolazioni che avevano aiutato, o
addirittura venissero uccisi- vedi Osiride-), mancanza d' adeguata
conservazione di tali conoscenze od altre cause a noi sconosciute. Chiudo
con un semplice appunto (dedicato ai tanti sostenitori dell' ipotesi
extraterrestre come fattore importante nella genesi umana e a chi crede in
tecnologie perdute) riguardanti le frasi sottolineate allorché cito il mito
di Gilgamesh (pag.1): si fa riferim |